Politica estera

Netanyahu a Roma in fuga dalle proteste. Ma anche la traduttrice rifiuta l'incarico

Contestato in Israele per la riforma giudiziaria, oggi incontra la premier Meloni. Tema privilegiato: il nuovo gasdotto EastMed

Netanyahu a Roma in fuga dalle proteste. Ma anche la traduttrice rifiuta l'incarico

Inseguito dalla scia di ammirata polvere di stelle, ma anche di furioso rifiuto che è l'aureola dei leader di fama mondiale, Bibi Netanyahu, primo ministro dello Stato d'Israele, atterra a Roma oggi. È lui stesso a essere un evento, lo è l'evidente fierezza con cui rappresenta il popolo ebraico finalmente padrone nella sua casa di Israele, oltre il Mediterraneo. Lo aspettano soprattutto l'incontro politico con Giorgia Meloni che ha dall'inizio, con parole e messaggi, ripetuto la sua simpatia per lo stato ebraico. Ma lo aspetta, naturalmente, anche una dimostrazione che porta il titolo delle stesse agitazioni di piazza che sconvolgono in questi giorni Israele e che vedono la proposta di legge per riformare il giudiziario come una minaccia alla democrazia. Con lo sgarbo della traduttrice, Olga Dalia Padoa, che si è rifiutata di fare da interprete del premier: «Mi hanno convinta i miei figli».

Sono settimane che in Israele le accuse a Netanyahu di fascista, reazionario, autoritario volano abbondanti; tuttavia, le grandi manifestazioni di massa senza arresti, la difesa di Bibi persino dei diritti degli obiettori militari, la copertura di stampa quasi tutta ferocemente antigovernativa parlano invece di democrazia, sarebbero piaciuti persino a Pannella. Non è nuova l'accusa di fascismo quando la maggioranza è conservatrice e l'opposizione si nomina difensore della democrazia. Certo, la riforma, che non piace a molti, può essere modificata, e di fatto Bibi ha lasciato a casa una nuova, seppur flebile, volontà bilaterale guidata dal presidente Herzog di arrivare a un accordo; ma quello che in realtà non piace a molti dei dimostranti è il governo formato, per raggiungere la maggioranza, anche con personaggi molto religiosi e enfaticamente espliciti di fronte all'ondata di terrorismo in corso, come Itamar Ben Gvir e Betzalel Smotrich.

Bibi, identificato dalla folla in piazza come l'eterno nemico, è invece un conservatore laico e liberale, che ha dato al Paese un'impronta moderna e efficiente. Tutti hanno ammirato come ha gestito la lotta al Covid, le incredibili acquisizioni tecnologiche, il Pil di 55mila 600 dollari l'anno, una cultura scolastica e generale pacifista nonostante la guerra, la promozione dei diritti delle donne, dei disabili, degli Lgtbq (da tutto il mondo arabo Israele è considerato il Paese rifugio); il mondo del lavoro, la vita civile sono aperti a quelli che vogliono parteciparvi. Israele è al numero nove nell'indice mondiale della felicità nonostante le guerre, i rischi, le accuse. Netanyahu, che anche i giornali come Le Monde o il New York Times accusano di un inconfessabile piano autoritario, alla fine semplicemente rappresenta l'inaccettabile vittoria dei conservatori quando questi diventano, nello scandalo morale della sinistra, maggioranza parlamentare: in Israele, ha la fiducia della maggioranza come scudo di difesa moderato all'odio palestinese e come accusatore strenuo delle minacce di distruzione da parte dell'Iran. La gente sa che ha saputo far recedere gli Usa dall'accordo con l'Iran, che ha siglato gli accordi di Abramo con buona parte del mondo arabo prima nemico. Il suo processo per corruzione appare sempre più barcollante. L'antagonismo è legato alla sua plastica rappresentazione di un conservatore che rivendica la leadership, glorioso della sua famiglia di intellettuali come il padre lo storico Ben Tzion, del fratello Yoni ucciso mentre guidava la spedizione di Entebbe, del passato militare nella Saieret Matkal, unità ultraspeciale, dove ha servito con l'altro fratello, Iddo.

Il tema privilegiato per l'incontro con Meloni sembra essere quello dell'energia, il consorzio dell'East Med deve essere spinto avanti dall'Ue per completare con l'Eni una strategia che porti da Israele al Salento il gas che si estrae in mare. Draghi dopo la visita in Israele del 13 e 14 giugno dell'anno scorso dichiarò: «Israele può aiutare l'Italia e l'Europa».

Certo la Meloni lo sa.

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