
Rassicurato dai sondaggi, incoraggiato dai risultati militari, forte dell'umiliazione che è già riuscito a infliggere all'ayatollah Ali Khamenei - costretto in un bunker che schiaccia il mito dell'eroe sciita - il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu spiega che "Israele fermerà il nucleare dell'Iran: con o senza Donald Trump". La decisione del presidente americano sull'intervento diretto contro la Repubblica islamica è attesa entro due settimane. Israele spera, per dare la spallata definitiva a Teheran. Ma l'opinione pubblica è comunque dalla parte di "Bibi". Nonostante le critiche per la gestione della crisi a Gaza, il 70% degli israeliani è favorevole all'attacco all'Iran e il 57% ne approva la tempistica, secondo l'Israel Democracy Institute. Lo stesso vale per i successi militari. Anche senza l'intervento diretto di Washington, Israele ha mostrato finora all'Iran la sua superiorità militare e tecnologica. Domina i cieli di Teheran, ha decapitato la linea di comando del regime, è riuscito a sbarazzarsi di almeno 15 scienziati impegnati nel programma nucleare. Ma soprattutto ha sabotato il sistema nucleare e missilistico iraniano come mai prima d'ora, danneggiando le centrali e due terzi dei lanciatori di missili. L'obiettivo che l'Idf, le Forze di Difesa israeliane, ritengono alla portata entro due settimane è il riavvolgimento a tre anni fa del nastro dei piani nucleari e missilistici di Teheran, il cui potenziale prima dell'offensiva - spiega anche a Il Giornale la capitana Masha Michelson, portavoce internazionale dell'Idf - "erano 10-15 bombe atomiche e fino a 8mila missili, il triplo di quanti ne detenevano finora". Il potenziale di attacco di Teheran "è diminuito del 50%", aggiunge la capitana. E anche senza colpire la centrale di Fordow, dove si è arricchito l'uranio al 60%, Israele potrà dormire sonni più tranquilli.
Quanto all'obiettivo di distruggere il sito a cento metri di profondità, ora che Israele ha la superiorità aerea sui cieli iraniani, comincia a emergere l'ipotesi che l'Idf possa farcela a sganciare la bomba americana da 14 tonnellate GBU-57 anche senza i caccia B-2 statunitensi, ma con gli aerei da trasporto C-130. Ci sono precedenti in Vietnam e in Afghanistan. Gli Usa si limiterebbero a fornire gli ordigni. Un raid a Fordow potrebbe anche avvenire "entro 48-72 ore", secondo fonti di intelligence israeliana a "Iran International".
La campagna militare intanto continua. "Sarà prolungata", ammette il capo di Stato maggiore Eyal Zamir, che si rivolge agli israeliani: "Nonostante i risultati significativi, ci attendono ancora giorni difficili e dobbiamo rimanere vigili e uniti fino al completamento della missione". Il ministro della Difesa Israel Katz - che con Netanyahu ha sentito il vicepresidente Usa, JD Vance, e il capo del Pentagono Pete Hegseth - ordina "di intensificare gli attacchi" per "destabilizzare" il regime. La fine della Repubblica islamica è l'obiettivo indiretto del conflitto. Tel Aviv è già riuscita a relegare in un bunker segreto la Guida Suprema e a sottrarre a Teheran lo scudo dell'"Asse della Resistenza", grazie ai colpi inferti a Hezbollah in Libano, agli Houthi in Yemen e dopo la caduta del regime siriano.
Restano due questioni aperte. Si arriverà a un cambio di regime? E se ci fosse, chi subentrerebbe? Per il Wsj, una nuova leadership potrebbe paradossalmente accentrare ancor più il potere nelle mani dei pasdaran, le Guardie della Rivoluzione islamica che difendono i principi fondanti del regime teocratico. A Khamenei potrebbe subentrare dunque un generale, non necessariamente più moderato.
Non a caso Israele ne ha eliminati 11 nelle ultime ore. E cerca di aprire la strada all'opposizione interna. Ma gli scenari sono ancora imprevedibili. Tranne uno, insiste Netanyahu: "Israele fermerà il nucleare dell'Iran, con o senza Donald Trump".