L'intesa è solo di facciata. Il via libera da parte del governo al terzo tronco della riforma della Giustizia, che investe due snodi centrali (porte girevoli tra politica e magistratura e Csm) dell'ordinamento giudiziario, si porta dietro la spaccatura tra le forze di maggioranza. Il lungo lavoro di mediazione non evita i malumori finali. Forza Italia non strappa. Ma affila le armi in vista del passaggio parlamentare. Il premier Mario Draghi ha appena terminato la conferenza stampa per illustrare il contenuto dei provvedimenti, quando la delegazione Fi, guidata da Antonio Tajani, in una contro-conferenza stampa mette agli atti il malcontento, annunciando un pacchetto di modifiche al testo appena varato dal Consiglio dei ministri. Fi incassa la vittoria su due punti: lo stop al ritorno in magistratura per le toghe che hanno ricoperto cariche elettive e la parziale riforma del sistema di elezione del Consiglio superiore della magistratura. Altro risultato - rivendicato dai vertici azzurri il no alla fiducia nel passaggio alle due Camere del testo.
Il passo indietro arriva (per ora) sul sorteggio dei componenti del Csm e la responsabilità civile dei magistrati. Il governo non compie l'allungo decisivo per una riforma radicale del sistema giudiziario. Mentre sulla separazione delle carriere il partito di Silvio Berlusconi strappa un parere favorevole dell'esecutivo sull'emendamento «Zanettin» che impone il tetto di 5 anni entro cui scegliere la funzione. Proposte che vengono illustrare nel corso della conferenza stampa.
Una riforma ancora aperta dunque. E su cui Forza Italia non arretra: «Abbiamo vinto la battaglia sulle porte girevoli e così finisce l'epoca della commistione tra giudici e politica ma abbiamo anche ottenuto il rafforzamento del Parlamento che sarà centrale per la riforma della magistratura e del Csm», commenta Antonio Tajani.
Sul sistema elettorale del Csm il vicepresidente di Forza Italia ha evidenziato che «non c'è la condivisione con la soluzione trovata ma che il Parlamento potrà migliorare il testo». Le divisioni sono evidenti. Ed è lo stesso capo dell'esecutivo Draghi ad ammettere in conferenza che «sulla riforma del Csm restano differenze nella maggioranza, ma c'è anche l'impegno corale a superare le divergenze e ad arrivare ad un testo concordato prima dell'elezione del prossimo Csm», che scade a luglio. Il premier parla di «discussione ricchissima e anche molto condivisa grazie anche alle numerose interazioni con i partiti e il ministro Cartabia e il sottosegretario Garofoli».
Ma Forza Italia tiene il punto. Prima di arrivare in Consiglio dei ministri, la pattuglia azzurra chiede lo slittamento della riunione di governo inizialmente fissata alle 11. Tra Roma e Arcore il collegamento è costante. Poi alla fine si decide il punto di caduta. Prima dello scontro finale in Parlamento. Anche la Lega alza il tiro: «Quanto approvato dal Consiglio dei ministri di oggi in materia di riforma della Giustizia è solo un punto di partenza. Il testo dovrà essere migliorato in Parlamento. Ma un cambiamento radicale sarà possibile solo grazie ai referendum», avverte Giulia Bongiorno, responsabile Giustizia della Lega.
Escono dal Cdm con qualche mal di pancia anche i renziani. «Una riforma del Csm era attesa, ora ci riserviamo di approfondire i testi quando il provvedimento arriverà all'esame del Parlamento», precisa Lucia Annibali, responsabile Giustizia Iv. Esulta il fronte giustizialista Pd-M5S. «Bene la proposta di riforma del Csm approvata oggi dal consiglio dei Ministri. In linea col programma di governo e con le indicazioni contenute nel discorso del Presidente Mattarella applaudito dalle Camere. Ora avanti», scrive il leader del Pd, Enrico Letta su Twitter. «Rimane l'impianto Bonafede. In particolare era fondamentale stabilire uno stop definitivo alle porte girevoli tra politica e magistratura, così è stato e consideriamo questo punto una vittoria nell'interesse della credibilità e dell'autonomia della magistratura.
Rimangono alcuni nodi da sciogliere, la sede più opportuna è il Parlamento», rilanciano le senatrici e il senatore del Movimento 5 Stelle in commissione Giustizia al Senato Felicia Gaudiano, Grazia D'Angelo, Alessandra Maiorino, Bruna Piarulli e Arnaldo Lomuti.
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