«Un magnifico messaggio di libertà ed emancipazione inviato alle donne francesi e di tutto il mondo». Florian Philippot, braccio destro di Marine Le Pen, commenta via Twitter il gran rifiuto della leader del Front National, definito dalle autorità religiose sunnite libanesi un gesto «inappropriato». Nel Paese dei Cedri per una visita di tre giorni, BleuMarine avrebbe dovuto incontrare ieri il gran muftì della Repubblica, Abdellatif Deriane. Tutto organizzato da giorni. Ciliegina sulla torta di una tappa internazionale con cui forzare il ruolo di candidata all'Eliseo ricevuta con attenzioni da capo di Stato: dal premier Saad Hariri al presidente cristiano maronita Michel Aoun. A loro aveva ribadito l'impegno della Francia come potenza amica e protettrice del Libano nonostante il passato colonialista. Mancava solo la stretta di mano con la più alta autorità sunnita del Paese.
Al momento di entrare nella sede religiosa, un collaboratore dello shaykh le pone però un foulard, invitandola ad indossarlo. «Potete trasmettere i miei ossequi al Gran Mufti ribatte Le Pen ma io non mi coprirò mai». Tra imbarazzo e sconcerto, il messo insiste, spiegando che quella è la prassi e non è mai stata fatta eccezione. «La più alta autorità sunnita del mondo non ha avuto tale esigenza, quindi non c'è ragione. Ma non importa, dite al gran muftì che non metterò il velo». È ancora sull'uscio della moschea Aïcha Bakkar di Beirut, quando gira le spalle e va via con lo staff.
Le Pen cita la visita in Egitto del 2015 e l'incontro con Al-tayeb, imam di Al-Azhar. L'ufficio libanese insiste: «È risaputo, ogni volta che si visita il muftì bisogna indossare il velo». Parlano di «comportamento inadeguato al contesto» e «di aver avvertito in tempo lo staff di Le Pen». «La richiesta è arrivata ieri (lunedì, ndr) e abbiamo fatto sapere che non lo avrebbe indossato», ribatte il suo entourage. Caso chiuso? Neanche per sogno. In conferenza stampa la presidente del Front National spiega: «Non hanno annullato l'incontro, ho creduto che avessero accettato la mia decisione. Invece hanno cercato di impormelo mettendomi di fronte al fatto compiuto. No, grazie».
Messaggio di libertà o mossa elettorale, il gesto la accomuna ad altre donne che hanno deciso di non sottomettersi in occasioni simili, da Michelle Obama a Theresa May, fino alla duchessa di Cornovaglia Camilla Parker Bowles, oltre alla ministra della Difesa tedesca Ursula von der Leyen che in Arabia Saudita rifiutò di indossare velo e abaya. Marine ha dunque girato i tacchi visitando il patriarcato maronita a Bkerké, a nord di Beirut, guidato da Bechara Raï. Un omaggio alla cultura libanese della «moderazione creata da cristiani e musulmani». Poi l'incontro con Samir Geagea, della destra cristiana, ostile al presidente siriano Assad, indicato invece da Le Pen come «la soluzione più rassicurante» per la Francia contro lo Stato islamico.
Neppure il leader del partito cristiano Kataëb, Sami Gemayel, apprezza la difesa di Assad. «Non si combatte l'estremismo sostenendo una dittatura». Ma la posizione lepenista è chiara: «Ascoltate i siriani e vedrete che ciò che si aspettano è che Assad vinca contro i fondamentalisti», ha detto a Le Figaro. In Libano sono oltre un milione i profughi dalla Siria. La sicurezza del nord è messa a dura prova.
Insistendo sul dialogo con Assad, Le Pen si sgancia dalla posizione di François Hollande, che la attacca indirettamente parlando di «populisti che vanno contro l'interesse della nazione che pretendono di rappresentare».
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