"No agli scontri sull'autonomia. È il momento della condivisione"

Dopo gli attacchi della Cei, parla l'arcivescovo di Ancona: "Le riforme vanno fatte insieme. Ciò che serve al Paese è il lavoro"

"No agli scontri sull'autonomia. È il momento della condivisione"
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«Non servono contrapposizioni ma composizioni. Questo è il tempo delle composizioni, non degli scontri»: a parlare al Giornale è monsignor Angelo Spina, arcivescovo metropolita della diocesi di Ancona-Osimo. «Le riforme vanno fatte insieme», sottolinea parlando in particolare di autonomia differenziata e federalismo, all'indomani della netta posizione contraria espressa da monsignor Savino.

Siamo in una fase di dibattito in tema di riforme, in particolare su autonomia differenziata e federalismo. Cosa pensa in particolare di quella sull'autonomia differenziata?

«Le riforme vanno fatte insieme, vanno condivise per quanto più possibile, altrimenti sono riforme unilaterali e creano ancor più contrapposizione e non raggiungono il fine ultimo, ovvero il bene comune. Sull'autonomia differenziata, occorre guardare la legge nella sua profondità, ma già da una prima lettura fa cogliere delle differenze. Questo è il tempo di tenere tutti uniti, l'Italia è un paese che ha bisogno di grande coesione e di grande aiuto reciproco, proprio in un tempo in cui sono più evidenti gli individualismi e i particolarismi. Occorre costruire un bene comune e trovarci insieme, per essere un paese unito, con gli stessi diritti e con gli stessi servizi e non far sì che ci sia chi ha di più e chi ha di meno».

Lei è d'accordo con mons. Savino che ritiene che la riforma in senso federalista sarebbe «un cavallo di Troia per creare due Italie»?

«Non si tratta di essere d'accordo o meno. Io ho il mio pensiero: questo è il momento di tenere unito il nostro paese, non creare quelle forme che possono portare alle differenze che non ci fanno essere insieme, uniti come Paese. Tutti devono avere gli stessi diritti».

Quali sono le necessità degli italiani e in tal senso una riforma in senso federalista su cosa dovrebbe puntare?

«Ciò di cui si ha più bisogno è il lavoro. Non è un caso che abbiamo una popolazione sotto la soglia della povertà, oltre 5 milioni e mezzo di persone non raggiungono un livello minimo di dignità e questo non è ammissibile in un paese democratico. Ma c'è anche bisogno di sanità, di casa, di istruzione».

Ma una riforma in senso federalista non sarebbe piuttosto una occasione per creare indipendenza e rilancio in un territorio, quello meridionale, che ha tanto e può offrire tanto?

«Quando le riforme mirano a creare un bene comune e non a privilegiare alcuni e lasciare altri indietro, allora tali riforme sono da accogliere. Dobbiamo avere sempre uno sguardo a tutto il Paese, l'Italia è una e si deve fare il bene di tutti. Non servono mobilitazioni, ma sì al dibattito, al confronto, al chiarimento con quella civiltà e quel garbo di una vita democratica. Non servono contrapposizioni ma composizioni. Questo è il tempo delle composizioni, non degli scontri».

È d'accordo con il Papa che anche ieri mattina, tornando sul tema dei migranti, ha sottolineato come respingere i migranti sia un peccato grave?

«Papà Francesco da sempre ricorda come bisogna accogliere, proteggere, integrare sempre nella legalità.

Il nostro è oramai un mondo che si muove, viviamo una immigrazione globale. È grave vedere morire gente in mare, il mare diventa la tomba dell'umanità e noi abbiamo le case chiuse perché i cuori sono chiusi. Bisogna promuovere, accogliere, integrare, sempre però nella legalità. Come sempre».

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