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Il no democrat al referendum fa paura a M5s. I grillini accelerano sulla legge elettorale

Crimi tenta Zingaretti: "Si può approvare in una Camera prima delle urne"

Il no democrat al referendum fa paura a M5s. I grillini accelerano sulla legge elettorale

Da un lato un'altra defezione alla Camera per il mancato accordo con il Pd in Puglia, dall'altro la paura per i dubbi dei dem sul referendum per il taglio dei parlamentari. La giornata del M5s, sempre a mezz'aria tra l'autonomia e i patti con il centrosinistra, comincia con un addio a Montecitorio. In verità, atteso già da tempo. Perché Paolo Lattanzio da mesi era attenzionato dai vertici, sospettato di voler abbandonare il gruppo. E l'indizio più lampante è rappresentato dalla sua situazione per quanto riguarda le restituzioni. Il deputato pugliese è tra i morosi più impenitenti, fermo addirittura a ottobre del 2019, secondo il sito grillino Tirendiconto.it. Dopo le ultime minacce dei probiviri, che hanno dato tempo fino al 24 agosto per mettersi in regola, era uno di quelli a rischio espulsione. Così ha preferito fare da solo, levando l'impaccio al capo politico Vito Crimi e al tribunale interno pentastellato. E quale casus belli migliore delle prossime regionali? «Comunico la mia uscita dal gruppo parlamentare», dice. Poi aggiunge: «La motivazione, nota da tempo, è legata all'aperto dissenso rispetto alle scelte strategiche di mancato posizionamento in uno schieramento largo di centrosinistra per le elezioni regionali pugliesi». Non sono pochi gli eletti tentati da questo passo, soprattutto quelli più vicini al premier Giuseppe Conte. Lattanzio infatti precisa: «Il mio supporto alla linea politica del presidente Conte e del governo rimane fermo e convinto». Così il deputato rischia di diventare un'altra preda della caccia parlamentare, tra il lavorìo dell'ex ministro Fioramonti per un movimento ecologista e le tentazioni di una lista contiana.

Ma ad agitare i Cinque Stelle, negli ultimi giorni, ci sono anche le perplessità espresse da alcuni esponenti del Pd sul referendum per il taglio dei parlamentari. Bandierina irrinunciabile per un grillismo sempre più spaesato. E lo stesso segretario Nicola Zingaretti, pur confermando il sì alla riforma, ha condizionato l'appoggio dei dem a un'accelerazione sulla legge elettorale in discussione. Un proporzionale con sbarramento al 5% frutto di un accordo di maggioranza siglato a inizio anno. Ma messo in discussione dai renziani di Italia Viva, improvvisamente sedotti dal maggioritario, e da Leu per una questione di soglia di sbarramento troppo alta. L'obiettivo dei grillini, per spegnere le polemiche nel Pd, è portare la riforma in uno dei due lati del Parlamento prima dell'election day del 20 settembre. «Avevamo un patto e noi lealmente lo abbiamo rispettato - insiste Crimi - credo che prima del referendum debba essere approvato in almeno una delle due Camere uno schema di legge elettorale». E spunta anche l'ipotesi di un «piano B» per velocizzare la pratica: dal Nazareno si parla di un modello sempre proporzionale, ma con dei «correttivi maggioritari» differenti rispetto alla soglia del 5%. Magari un premio di maggioranza da assegnare al primo partito. La mediazione sarebbe su uno sbarramento più basso (4% o 3%), ma con una quota di seggi da assegnare al partito che prende più voti.

Nel piano rientrerebbe l'approvazione in prima lettura di due riforme costituzionali, da portare a casa prima del referendum bandiera per il M5s.

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