No alla lista dei debitori Il governo vuole salvare gli amici dei suoi amici

Bocciate tutte le richieste delle opposizioni D'Alì (Fi): «È l'opacità della vecchia Mps»

Niente lista dei debitori delle banche sottoposte a ricapitalizzazione preventiva. La commissione Finanze del senato ieri ha approvato il decreto «salvarisparmio» dando il via libera agli emendamenti del governo che, però, non prevedono la pubblicità dell'elenco degli insolventi, ma solo una generica classificazione degli affidati la cui esposizione sia superiore all'1% dell'attivo della banca, suddivisi per classi. Tale mossa segna la fine del clima bipartisan che si era creato attorno al provvedimento necessario per salvare il Monte dei Paschi dopo il fallimento dell'ultimo aumento di capitale. Tant'è vero che sul decreto, che oggi approderà nell'Aula di Palazzo Madama, molti scommettono che l'esecutivo Gentiloni porrà la questione di fiducia.

«Se approvano il decreto così com'è, questo palazzo noi lo circondiamo», ha detto ieri il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, che ha organizzato una manifestazione di protesta all'esterno del Senato.

«Ci avviamo al voto contrario», dice Antonio D'Alì, senatore di Forza Italia componente della commissione Finanze, sottolineando che «il mio emendamento sulla pubblicazione della lista degli insolventi era un punto qualificante per proseguire la collaborazione, ma il governo si è rifiutato per incomprensibili motivi di privacy acconsentendo a una generica relazione quadrimestrale». Ma c'è un altro punto sul quale è saltata ogni possibilità di conciliazione. «Avevamo chiesto che le commissioni parlamentari potessero esprimere il proprio parere sulla nomina del presidente degli istituti ricapitalizzati, ma anche questo ci è stato negato», aggiunge D'Alì evidenziando che «il governo intende ripercorrere la vecchia strada delle banche pubbliche che elargivano credito per finalità politiche, come faceva anche il vecchio Monte Paschi privatizzato, ma sempre sotto il controllo della politica». C'è anche un'altra conseguenza dell'allungarsi dei tempi di esame del decreto: ci sono ormai poche speranze di formare una commissione d'inchiesta sulle banche. «È inutile parlarne ora che manca veramente poco al termine della legislatura, sarebbe una beffa», conclude D'Alì sorvolando sulle polemiche circa l'ipotesi che la presidenza fosse affidata all'ex viceministro dell'Economia Zanetti (Sc-Ala) e non all'opposizione.

In polemica con la scelta dell'esecutivo anche il Tg de La7 che ieri ha reso noto l'elenco dei 50 maggiori debitori a fine 2015 di un altro istituto «risolto»: Banca Marche. Al primo posto il gruppo edile Lanari con La Fortezza srl (126,8 milioni di euro), poi un'altra impresa di costruzioni, il gruppo Santarelli (116 milioni) e il gruppo florovivaistico pugliese Ciccolella (81,8 milioni). Si segnalano anche: il resort di Alghero, Capo Caccia (23,9 milioni), Novafin e Villa Pini della famiglia Angelini (22,5 milioni), l'azienda di abbigliamento Sixty (13,8 milioni) e la Società Sportiva Romana srl dell'imprenditore romano Diego Anemone (11,1 milioni).

Tornando al decreto, bisogna ricordare che fra gli emendamenti approvati c'è anche quello che riapre fino al 31 maggio prossimo la possibilità per gli obbligazionisti subordinati delle quattro banche risolte (Banca Etruria, Banca Marche, Carife e CariChieti) di accedere ai rimborsi, estendendo l'applicazione della norma anche a chi ha ricevuto i bond dal coniuge o dai parenti entro il secondo grado.

Infine l'allarme di R&S Mediobanca sul sistema del credito esplicato in una ricerca: una cessione in blocco dei circa 176 miliardi di crediti deteriorati alla metà del loro prezzo contabile abbatterebbe il patrimonio netto tangibile delle banche italiane del 40 per cento.

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