Coronavirus

"Non c'entro col report. Speranza sapeva in parte. Ora l'Oms va riformato"

Il dirigente Oms: "Il testo non era concordato e venne pubblicato troppo frettolosamente"

"Non c'entro col report. Speranza sapeva in parte. Ora l'Oms va riformato"

Ci sono 125mila morti che aspettano una verità. C'è una Procura a Bergamo che indaga per epidemia colposa. Una delle persone sotto indagine, per aver mentito ai pm sul rapporto Oms sparito dopo la pubblicazione, è Ranieri Guerra, già ai vertici del ministero della Salute. La prima domanda riguarda il ministro Roberto Speranza. Sapeva del report Oms sparito, già il 14 aprile. Lo dice una mail agli atti dell'inchiesta per epidemia colposa.

Speranza sapeva, ma l'idea di una versione «concordata» è sua, del ministro, del suo entourage o è una colossale invenzione?

«Solo l'indice (tre pagine) inviatomi da Zambon gli fu consegnato da me il 14 aprile. Il report era parte di un progetto proposto da me, che prevedeva anche la fornitura di equipaggiamenti per Sicilia e Calabria. Il ministro approvò. Ma Zambon decise di non condividere il report, che lui decise di pubblicare il 13 maggio sera, informandomene solo successivamente. Nessuna versione concordata. Si trattava di correggere imprecisioni e carenze fattuali. Il punto era: è un peccato buttare al macero per decisione di Zambon e Kluge un lavoro che aveva i suoi pregi. Quindi si concordò con Kluge di distaccare a Venezia due tecnici dell'Iss per offrire rapidamente agli autori del report le informazioni mancanti per emendare i dati errati. Nessuna censura, figuriamoci. Kluge e Zambon decisero di non farne nulla. Un peccato perché anche le forniture vennero cancellate a mia insaputa da Copenaghen (ufficio da cui dipendeva Zambon), con un grave danno al Paese».

Può dirci cosa le disse Speranza quando seppe del report? E quando sparì? C'entra la Cina?

«Speranza disse che era stupito per un report sull'Italia che usciva dall'Oms senza alcuna informazione dopo quella preliminare sull'indice. Io ero profondamente amareggiato: non ho mai capito il perché di questa fretta nel pubblicare un documento senza dirlo a nessuno. Pensavo si trattasse di una scorrettezza imputabile alla voglia di visibilità di Zambon, ma poi ho capito che probabilmente c'era un disegno dietro. Il report venne ritirato venti minuti dopo lo scambio di mail tra il capo dell'Ufficio Oms a Pechino e Zambon il 14 maggio: lo ha detto lui, con dettagli che io non ho mai saputo fino a ottobre 2020. In che misura c'entri la Cina va chiesto sia a Zambon che a Kluge, che hanno deciso nel merito. Io non lo so».

Quanto possono avere inciso sulla diffusione del coronavirus nella Bergamasca e in Lombardia campagne come Bergamo Non Si Ferma, Abbraccia un cinese o l'aperitivo ai Navigli firmato Pd?

«E non dimentichiamo la partita Atalanta-Valencia del 19 febbraio. Fu una bomba biologica. Adesso sappiamo che il virus circolava in Nord Italia almeno da ottobre 2020. Si erano certamente accumulati casi altamente contagiosi che gli eventi di massa hanno amplificato, accelerando la trasmissione del virus. Quella è la zona più produttiva del Paese, dove si concentrano attività industriali e commerciali ad altissima mobilità umana, concedendo al virus un vantaggio iniziale di cui abbiamo visto le conseguenze.

Nella sua memoria lei allega una mail del 21 aprile in cui c'è scritto Vista l'uscita di Urbani oggi sul Corriere circa il piano segreto, non mi voglio sottoporre a questioni per cui il no comment sarebbe d'obbligo. Cosa avrebbe voluto dire?

«L'apparato di difesa del Paese è complesso, come bene descritto da Maraglino in una mail del 15 aprile a Sileri. Oltre al Piano antinfluenzale, c'erano un Piano Nazionale Covid e il Piano Nazionale di Difesa. Mentre quest'ultimo è segreto, il Piano Covid venne elaborato a gennaio, pare (è a quello che allude Urbani), ma subito segretato dal Cts, prima del mio arrivo. Io ne conoscevo l'esistenza (come detto agli uffici Oms di Ginevra e Copenaghen, e, quindi, Venezia con Zambon, che se ne dimentica nel suo libro) ma non ne ebbi visione, fino alla sua pubblicazione televisiva. Lo confermano i verbali ora pubblici del Cts, come il n. 22 del 9 marzo. Il senso del no comment, dato il mio arrivo in Cts dal 12 marzo, è che non avevo le informazioni, e si sarebbe dovuto chiedere al governo italiano, a Urbani, a Miozzo e al ministro».

Sempre nella sua memoria lei cita l'articolo 117 della Costituzione sulla competenza delle Regioni. Quanti e quali errori dei governatori si potevano o dovevano evitare?

«Anche questo è un problema serio. Avevo riproposto al mio arrivo in Italia al ministro una riforma rapidissima per centralizzare tutte le funzioni di sanità pubblica, con strutture simili alle agenzie statali inglesi e francesi. Le procedure di sanità pubblica sono diverse da quelle ospedaliere e territoriali della medicina di famiglia. Non possiamo permetterci interpretazioni della sanità pubblica, dalle vaccinazioni alla gestione di un'epidemia. Politicizzare la gestione epidemica è una catastrofe da evitare col dialogo continuo tra stato e Regioni, basato su scienza e ricerca, unificando anche le centrali di acquisto».

Al netto delle polemiche interne, l'Oms esce malissimo dalla pandemia. Non crede?

«L'Oms va depoliticizzata, come ogni struttura di sanità pubblica. Per un'Organizzazione efficiente che imponga, invece che suggerire, le regole del gioco è necessaria una riforma radicale, e sono proprio gli stati membri a poterla adottare. L'Oms non può riformarsi da sola.

Questo è anche il momento di capire cosa di buono l'Oms ha fatto con i Solidarity trials, o con il Covax, che permette il trasporto di vaccini e diagnostica in tutto il mondo, rendendolo più sicuro ed equo per tutti, anche per noi».

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