La piazza risponde, l'alleanza si è compattata, il resto verrà a tempo debito. Da Bologna ieri è partita la rifondazione attesa del centrodestra. I colonnelli dei tre generali - Berlusconi, Salvini e Meloni - si studiano con ancora qualche sospetto, tra invidie e gelosie. Ma il dado della ritrovata unità è tratto e da oggi l'alleanza di piazza diventa anche alleanza parlamentare, per rendere più forte e visibile l'opposizione al governo delle sinistre.
Berlusconi ha avuto un coraggio da leone a decidere di ridiscendere in campo giocando in trasferta, sul terreno leghista che è amico ma non suo. E Matteo Salvini altrettanto. Ci vogliono attributi per dividere il palco neoleghista con il vecchio amico, e compagno di tante avventure mai rinnegate, di Umberto Bossi. È andata bene, anche se oggi i seminatori di zizzania esalteranno gli inevitabili momenti di tensione, non volendo vedere e ammettere l'enorme significato politico ed elettorale. E cioè che c'è un centrodestra che non vuole fare da servo sciocco a Renzi né elemosinare ruoli dentro un improbabile Partito della nazione che altro non sarebbe che un nuovo Pd camuffato da Dc.
I numeri per tornare vincenti ci sono, sulla carta, e da ieri c'è pure il presupposto per provarci davvero. Lo sanno bene dalle parti di Renzi e nel piccolo club dei traditori, che non per nulla hanno prima gufato perché a Bologna non avvenisse nessun abbraccio Lega-Forza Italia e poi, di fronte all'evidenza, scatenato una offensiva mediatica per minimizzare e insultare.
La verità è che Salvini ha dimostrato di avere molto più sale in zucca di quello che gli attribuiscono i suoi detrattori. Altro che pericoloso lepenista, l'uomo delle felpe sa distinguere: un conto è il linguaggio da usare in tv per scaldare i cuori, un conto è dove collocare il suo partito in Europa in coerenza con il suo Dna, altro è scegliere i compagni per sbarrare la strada alla sinistra italiana.
Le tre cose, per la Lega di lotta e di governo, non sono in conflitto, non lo sono mai state fin dal 1994, e l'invito, corrisposto, a Silvio Berlusconi ne è la prova. Diversamente, il Cavaliere non avrebbe mai accettato di farsi per l'ennesima volta garante presso il popolo dei moderati. Di questo ne siamo sicuri.
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