Non si trovano trenta italiani I parenti: «Noi lasciati soli»

Ma per il consolato sono tre i connazionali dispersi Ritrovata in ospedale la donna cuneese scomparsa

Sono trenta gli italiani di cui non si hanno ancora notizie dopo i tragici fatti di Nizza. Nostri connazionali che il giorno della strage si trovavano, come tantissimi altri, nella città francese e che al momento risultano ancora tra rintracciare. Ma soltanto tre erano con certezza sulla Promenade. La speranza naturalmente è che nessuno di loro sia tra i sedici morti ancora da identificare. Da ambienti consolari e dalla Farnesina viene usata massima cautela.

«Stiamo lavorando con le autorità francesi per cercare di rintracciare il maggior numero possibile di persone - ha detto la console italiana a Nizza, Serena Lippi - stiamo coordinando le varie liste e i dati. L'elenco che era di oltre duecento nominativi, adesso si è ridotto a una trentina. Sono persone che non necessariamente si trovavano sulla Promenade, ma sono state segnalate nella zona. Speriamo di ritrovarli tutti, anche se al momento la situazione è molto fluida e preferisco non dare numeri esatti che potrebbero illudere o spaventare. Ma sono effettivamente tre i nostri connazionali che risultano dispersi e di cui si hanno le generalità». Tre, e non più quattro, perché nel tardo pomeriggio di ieri si è saputo che è stata ritrovata Marinella Ravotti, 55 anni, la donna cuneese di cui non si avevano più notizie da giovedì sera. Era ricoverata all'ospedale Pasteur, la stessa struttura dove si trova in prognosi riservata anche il marito, Andrea Avagnina, 53 anni, consigliere comunale di Mondovì. È stato il fidanzato della figlia della coppia, Marcello De Giorgi, a dare la notizia su Twitter dopo due giorni di angoscia: «Finalmente abbiamo ritrovato Andrea e Maria, grazie a tutti per l'aiuto». È stata la figlia dei due, arrivata a Nizza ieri mattina, ad individuare la donna data per dispersa. Dopo un giro in diversi ospedali ha saputo di alcuni feriti ancora senza nome proprio nella stanza accanto a quella dove era ricoverato il papà. E tra quelli, in un letto, c'era la mamma. Con diversi traumi e il volto tumefatto, tanto da doverla riconoscere dagli anelli. Ma viva.

Tra i dispersi, invece, risulta ancora Angelo D'Agostino, 71 anni, pensionato di Voghera, che ha mandato l'ultimo sms al figlio alle 21,55 di giovedì scorso in cui diceva di essere al mare a vedere i fuochi d'artificio. Circa dieci minuti prima di quell'ora Mohamed Bouhlel stava cercando di oltrepassare la barriera di poliziotti posti a guardia della Promenade des Anglais per dare il via alla sua corsa maledetta. Anche della moglie di D'Agostino non si hanno più notizie, Gianna Muset, di 68 anni. Il figlio li cerca senza esito da giovedì sera, con la speranza di trovarli magari feriti o sconvolti da quanto accaduto. Anche se più passano le ore più si affievoliscono le speranze di una soluzione positiva della vicenda. La coppia aveva comprato una seconda casa a Nizza e ogni anno, il 14 luglio, era sul lungomare con gli occhi al cielo per godersi la festa. La nuora, Roberta Capelli, ha rilanciato un appello su Twitter, postando anche la foto dei suoceri e la loro descrizione, in cui spiega che Angelo e Gianna non sono in ospedale tra i coscienti o tra coloro che hanno i documenti: «Siamo disperati, aiutateci a trovarli». All'appello manca ancora Carla Gaveglio, 48 anni, di Piasco, in provincia di Torino. Era sulla Promenade con Matilde, la figlia quattordicenne quando il Tir bianco ha fatto una strage di innocenti. È stata la ragazzina, che ora è ricoverata in discrete condizioni, a vederla l'ultima volta mentre la caricavano su un'ambulanza, poi di lei non si è più saputo nulla e ora il marito, Piero Massardi, lamenta di essere stato lasciato solo, senza informazioni.

Lo ha raccontato a una cronista di Repubblica: «Mia moglie potrebbe essere ricoverata in ospedale in stato di incoscienza e nessuno me lo sa dire. Ma come è possibile che manco ci dicano dove si trovano i feriti non ancora identificati? Al consolato mi hanno detto che è vietato il riconoscimento, che se voglio devo lasciare il dna e aspettare».

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