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"Non siamo mai stati contro gli ascolti ma ora basta con le storture dei trojan"

Il senatore: "Stop populismo giudiziario. L'Europa ci condanna per i processi che durano decenni: serve concentrare le risorse esistenti"

"Non siamo mai stati contro gli ascolti ma ora basta con le storture dei trojan"

«Sulla mafia non ci sarà alcun tentennamento». Pierantonio Zanettin non ci sta al giochino della sinistra, che all'indomani dell'arresto di Matteo Messina Denaro lancia l'allarme sulle intercettazioni, «indispensabili per ritrovare il superlatitante», come denuncia anche il procuratore capo di Palermo, dimenticandosi le storture che negli ultimi anni i sistemi più invasivi di captazione hanno scatenato, non ultimi gli strascichi del caso di Luca Palamara, con i captatori che accendevano e spegnevano il microfono a piacimento. Purtroppo a volte i trojan si sono rivelati «uno strumento micidiale», come ha detto ieri il capo dei gip romani Bruno Azzollini, le prove possono essere manipolabili e di conseguenza tecnicamente inutilizzabili.

Senatore, basta con i trojan, dunque? Davvero il centrodestra è contrario alle intercettazioni per reati di mafia?

«Ma quando mai, nessuno vuole impedirle. Vogliamo punire le patologie delle intercettazioni, serve una proporzione tra la gravità dei fatti e la decisione di intercettare. Quando mai abbiamo detto che non le vogliamo? Sui reati come mafia e terrorismo ci deve essere il massimo rigore, la massima fermezza e l'utilizzo dei mezzi di captazione, anche i più invasivi».

I Cinque stelle vogliono intercettare gli avvocati

«L'ex pm Roberto Scarpinato vuole spiare i legali perché secondo lui possono commettere reati impropri, qualcuno manda i pizzini ai propri assistiti. Oggi in commissione Giustizia il professore di Procedura Penale Giorgio Spangher ha proposto di escludere il telefono del difensore dall'elenco di quelli che si possono intercettare. Non è che perché esiste una mela marcia tra gli avvocati tutti devono essere penalizzati».

E sulla Cartabia? Farete le modifiche annunciate sui reati di mafia, rendendoli procedibili d'ufficio?

«L'allarme è stato lanciato da certi procuratori della Repubblica sulle pagine dei giornali, la modifica è ragionevole ma secondo me questo clamore mediatico è ingiustificato. Anche prima della riforma Cartabia le lesioni personali se lievi, sotto i 20 giorni di prognosi, anche quelle aggravate dal contesto mafioso, erano a querela di parte. Non è che l'ha introdotta la riforma, chiaro? Vogliamo renderli perseguibili d'ufficio? Va bene».

Ma non era questa la direzione della riforma, quanto la durata ragionevole dei processi, giusto?

«Esatto. L'Europa ci ha detto basta ai processi che durano decenni, basta a certi carichi giudiziari pa-to-lo-gi-ci. Se non vogliamo che i processi durino 10 anni come adesso dobbiamo raddoppiare gli organici, raddoppiare i tribunali, aumentare il numero delle carceri. È questa la direzione?

Direi di no.

«La vera ratio della riforma è quella di concentrare le risorse, che oggi ci sono (e non sono poche), sui reati di maggiore allarme sociale e lasciar perdere quelli bagatellari, che intasano gli uffici e finiscono il più delle volte prescritti».

Anche le polemiche sulle scarcerazioni facili sembra pretestuosa...

«Detesto un certo populismo giudiziario e questa schizofrenia legislativa. Anche prima della Cartabia in molti casi, dopo la convalida dell'arresto, il ladruncolo finisce in libertà.

Dunque, perché tanto allarmismo?».

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