Cronaca nera

Non solo Caivano. Dal Nord al Sud: ecco i fortini dei clan che devono cadere

Periferie di Palermo, Torino, Foggia e pure Aosta: le zone dove le forze dell'ordine non entrano sono note ma adesso si promette un giro di vite Il ruolo delle mafie, delle baby gang e dei trapper

Non solo Caivano. Dal Nord al Sud: ecco i fortini dei clan che devono cadere

Ascolta ora: "Non solo Caivano. Dal Nord al Sud: ecco i fortini dei clan che devono cadere"

Non solo Caivano. Dal Nord al Sud: ecco i fortini dei clan che devono cadere

00:00 / 00:00
100 %

Dal Nord al Sud, da Est a Ovest. Non c'è solo Caivano tra le zone franche alle quali Giorgia Meloni ha dichiarato guerra. Ogni angolo del Bel Paese ha le sue piazze di spaccio, i suoi angoli dove fervono attività illecite alla luce del sole, le sue strade dove si muore ammazzati nonostante lo Stato. Su tutto, ovviamente, c'è spesso il cappello delle mafie italiane - sia quando giocano in casa sia quando proiettano i propri interessi in territori un tempo vergini, come prova la crescente presenza della ndrangheta in Valle d'Aosta e delle organizzazioni criminali straniere. Del tutto intenzionate a mantenere questi pezzi di Italia fuori dalla portata delle forze dell'ordine e della legge.

Luoghi dove tutto è gestito in proprio da chi si è assicurato il controllo del territorio. Come accade nella borgata di Ciaculli, periferia Sud-Est di Palermo, famosa per il suo pregiato mandarino tardivo. Qui lo Stato è assente, in tutti i sensi: un singolo autobus collega il quartiere alla città. La mafia invece qui è stata di casa da tempi remoti: è del 1963 la «strage di Ciaculli», quando un'Alfa Romeo Giulietta ripiena di tritolo esplose uccidendo sette carabinieri. Anche se ora la borgata ospita il «giardino della memoria», dedicato alle vittime di mafia, appena un anno fa un blitz antimafia ha rivelato che qui le cosche si occupavano di governare tutto: oltre a spacciare droga, infatti, vendevano mascherine (rubate) durante l'emergenza Covid, imponevano la propria intermediazione ben retribuita nelle compravendite immobiliari del quartiere, e rivendevano anche l'acqua agli agricoltori della Conca d'oro per irrigare i campi, naturalmente dopo averla rubata agli acquedotti pubblici.

Anche la «quarta mafia», la «società foggiana» in forte ascesa, sa controllare il «proprio» territorio. Se il capoluogo è insanguinato da anni dagli omicidi della guerra tra clan, le sue piazze di spaccio sono spesso inaccessibili e «invisibili» per lo Stato. Pochi mesi fa, solo il lavoro di due agenti sotto copertura ha permesso di scoprire le decine di locali blindatissimi dedicati allo smercio degli stupefacenti nella vicina San Severo. Dove la droga veniva venduta in quartieri dai nomi eloquenti come «Fort Apache» - anche in «coffee-shop» dove i clienti potevano consumarla in loco, senza alcun timore che le forze dell'ordine potessero interrompere la «festa». Che, ovviamente, continua indisturbata altrove. Il tutto per non citare i «ghetti dei migranti» nella Daunia, vittime del caporalato e stipati in queste baraccopoli dove, parola della Dia, «è persistente una situazione di diffusa illegalità, caratterizzata da una costante commissione di delitti di varia natura, talvolta di estrema gravità».

E non c'è solo il Sud, non c'è solo la mafia. Anche la Dia ha sollevato l'allarme per le baby gang, per i comportamenti criminali messi in atto da ragazzi che spesso imitano i comportamenti dei boss e agiscono convinti che il branco garantisca l'impunità, come anche la storia di Caivano conferma. Di zone così, però, ce ne sono ovunque. Anche a Nord, a Torino, Borgo Vittoria. Quartiere settentrionale segnato da risse, furti e appunto dalle violenze delle baby gang, che anche l'ultima relazione della Dia indica come particolarmente attive «in Lombardia e Piemonte». Qui abitano, in un gruppo di case popolari considerate «off limits» per la polizia, anche alcuni dei minori arrestati per aver lanciato, a gennaio scorso, una bici elettrica su Mauro Glorioso, ragazzo palermitano finito in coma per quell'aggressione, e che non hanno mai nemmeno chiesto scusa per il folle gesto.

Ma sono tanti altri i luoghi dove lo Stato è ancora assente. Se davvero non devono esistere zone franche, come dice la premier, in queste aree la legalità dovrà rimettere piede.

Per fermare gli orrori e l'omertà di Caivano, ma anche le gang di salvadoregni, di aspiranti baby-camorristi, di trapper italiani, lo spaccio e gli agguati a colpi di pistola in pieno giorno, in Sicilia come in Brianza, e gli affari di una ndrangheta sempre più radicata in tutto il Paese.

Commenti