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Non solo i furbetti: tra debiti e rate un italiano su tre vive soffocato dalle cartelle

"Appello eversivo", "Messaggio devastante", "Danno alla democrazia". L'opposizione sparare a zero sulla pace fiscale proposta da Matteo Salvini

Non solo i furbetti: tra debiti e rate un italiano su tre vive soffocato dalle cartelle

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Non solo i furbetti: tra debiti e rate un italiano su tre vive soffocato dalle cartelle

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«Appello eversivo», «Messaggio devastante», «Danno alla democrazia». L'opposizione sparare a zero sulla pace fiscale proposta da Matteo Salvini, senza spendere neanche una parola a difesa di chi oggi si trova in difficoltà nel pagare tasse, imposte e cartelle esattoriali. Chi invoca la galera per i 19 milioni di italiani inguaiati dalle cartelle confonde volutamente un debito col fisco con il reato di evasione fiscale. Nel magico mondo della sinistra «pagare è bello», nel mondo reale c'è una crisi di liquidità che strangola anche gli imprenditori più onesti, ostaggio di un meccanismo spietato di cui nessuno spiega né la genesi né le storture.

«Combattere l'evasione fiscale non vuol dire perseguitare i contribuenti, ma è un atto di giustizia», è la difesa di Ernesto Maria Ruffini, direttore generale delle Entrate, secondo cui «non c'è alcuna volontà di perseguitare qualcuno». Chiunque abbia avuto una cartella esattoriale sa che non è così. È colpa di «norme complesse, difficili, spesso incomprensibili» come dice il viceministro dell'Economia Maurizio Leo, sbugiardando Ruffini.

Ma il problema è un altro: come siamo arrivati ad avere cartelle per 1.153 miliardi di cartelle, al 95% inesigibili quindi carta straccia? Perché un italiano su tre ha un problema con il fisco? «Non ce l'hanno fatta a pagare tutto, dovrebbero essere aiutati, non condannati», spiega Salvini. Pensare che chi contrae un debito con fisco è un furbetto è da folli. Perché quando il fisco agisce, il contribuente - noto al fisco, non evasore - perde la capacità creditizia con chiunque. Perde la possibilità di avere fidi, finanziamenti, mutui. E può finire nelle mani dei cravattari o della 'ndrangheta, a caccia di attività da utilizzare come lavatrici, come è successo a molti durante il Covid.

Il debito contratto con il fisco può arrivare per ragioni diverse: una fattura insoluta, un lavoro perso, l'azienda che fallisce. Quando il debito diventa una cartella la cifra è quasi raddoppiata. Se si rateizza arriva a due volte e mezzo. Ci sono gli interessi, l'aggio, le sanzioni. A volte vengono contestate le spese postali anche se la cartella viene notificata via Pec. Ma il reddito è sempre lo stesso, anzi viene mangiato da inflazione e aumento del costo del denaro. Dunque, il contribuente per pagare le cartelle deve per forza non pagare altre spese, o fare altri debiti fiscali, infilandosi così in una spirale senza fine, di cui non parla mai nessuno.

E quando il debito diventa troppo alto, il contribuente chiede una rateizzazione lunga, fino a 120 mesi. Ma questa facoltà viene concessa solo con Isee sotto una certa soglia, che però non tiene conto dei finanziamenti. Chi è disperato perché la rata è incompatibile con il proprio reddito chiede l'adesione alla legge 3 del 2012 sul sovraindebitamento, con sentenze che hanno portato anche alla cancellazione del 95% delle cifre richieste dal fisco, come tante volte ha documentato il Giornale. Ma è una facoltà che varia da tribunale a tribunale, tanto che se l'avvocato non è all'altezza la legge viene disapplicata. Spesso la privacy di chi aderisce finisce sui giornali perché i tribunali non vanno troppo per il sottile (e il Garante ogni tanto si distrae), la reputazione dell'azienda o del contribuente viene devastata e di conseguenza in molti preferiscono altre strade.

Poi c'è la rottamazione. Siamo alla quarta, ma la lezione è rimasta inascoltata. Delle 19 milioni di cartelle, circa quattro potrebbero venire cancellate. Ma torneranno non appena non verranno pagate. Basterebbe fare mini rate e periodi più lunghi, come da tempo chiede la presidente dell'Ordine dei commercialisti di Milano Marcella Caradonna. Il gettito sarebbe certo, anche se diluito nel tempo. Quando invece si fa in tempi così brevi (la Quater finita a giugno si pagherà già a ottobre, con maxirate del 20% pena la cancellazione) si costringe il contribuente ad accumulare nuovi ruoli. Se poi si salta una rata, tutto torna come prima. I soldi eventualmente versati vengono solo considerati un anticipo e il debito torna integrale e sanzionato. E chi non paga si sente dannato e beffato.

Ecco perché serve la pace fiscale.

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