
Leonardo Tricarico è uno dei più celebri generali italiani. È stato Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, è stato consigliere di D'Alema e di Berlusconi. Parliamo con lui del conflitto fra Israele e Iran.
Generale, come definisce questo attacco da un punto di vista strategico militare?
«Inevitabile. Era nel piano di Israele da anni».
Quali sono gli obiettivi strategici di Israele?
«Interrompere la preparazione dell'armamento nucleare dell'Iran e distruggere la capacità di Teheran di usarlo contro Israele».
L'Iran ha minimizzato i danni ricevuti. Fonti israeliane invece parlano di un colpo significativo. Qual è la sua valutazione sugli effetti reali dell'attacco?
«Il lavoro non è stato ancora portato a termine. Aspettiamoci un'altra notte di fuoco massiccio. Si stima che gli israeliani abbiano ancora 2000 missili da eliminare. Poi c'è la questione dei siti nucleari che vanno sterilizzati. E c'è da colpire l'attività strategico-scientifico-militare. Sono stati eliminati circa otto scienziati ed è prevedibile che possano essercene degli altri. Infine da colpire il web che si combatte coi virus».
L'Iran ha dichiarato di non voler rispondere militarmente
«Questa è la volpe e l'uva. Loro possono solo sparare missili e lanciare droni contro Israele, non possono fare nient'altro. Possono tentare di fare qualcosa con le residue forze degli Hezbollah e degli Houthi oppure con le milizie sciite, ma sono tutte risorse ormai molto indebolite. Il problema di Israele è che deve sorvegliare più fronti».
Ritiene che ci possa essere un rischio di un'escalation?
«Rispetto ai dati che abbiamo a disposizione, penso di no. Escalation non c'è stata ad esempio quando hanno ucciso Soleimani, che era il vero ayatollah. Non c'è stata quando hanno ucciso il capo di Hamas nel Compound dei pasdaran».
Israele è isolata?
«In questo momento Israele sta facendo il lavoro sporco che altri non possono fare né possono plaudire. Però c'è tutto un mondo che sta guardando con interesse a quello che sta facendo Israele. Gli amici dell'Iran non si muovono. Putin non lo potrebbe fare anche volendo perché ormai è estremamente debilitato. La Cina non ha nessun interesse al momento. Non vedo come possa esserci un'escalation. Però l'imprevedibilità di questi tempi non consente di escluderlo».
Pensa che la strategia di Israele sia quella giusta?
«Su una cosa non sono d'accordo. L'obiettivo di rovesciare l'attuale regime».
Perché?
«Questa linea è sempre stata nefasta. Il cambio di regime non si può determinare dall'esterno».
Quale coinvolgimento dell'Italia e dell'Europa prevede in questo conflitto aperto?
«Dichiarazioni di circostanza e inviti a moderare e a fermarsi. Non credo si vada molto al di là di questo».
L'attacco ha avuto delle ripercussioni sul prezzo del petrolio. Ritiene che la stabilità economica globale sia a rischio?
«Globale no. Per qualche attore sì».
L'Italia è pronta a gestire, secondo lei, eventuali ricadute?
«L'Italia deve stare attenta al rischio terrorismo che è un rischio concreto. Quello di matrice sciita però, che l'Iran potrebbe attivare, non è ancora così organizzato come quello sunnita. Anche rispetto a questo non credo possa esserci un divampare generalizzato di attacchi terroristici, come quelli che subirono la Francia, il Belgio e la Germania negli anni passati».
Qual è la reale forza militare di Israele?
«Israele oggi ha in mano lo strumento militare più capace al mondo. Oltre alle operazioni militari tradizionali c'è anche un fortissimo contributo degli 007. E l'intelligence umana è almeno importante quanto quella tecnologica».
Il punto debole di Israele?
«L'unico suo limite sta nelle sue forze contenute numericamente, Israele è un paese piccolo. E questo non consentirà loro di tenere testa molto a lungo in queste situazioni».
Quale potrebbe essere l'azione che inevitabilmente innescherebbe una guerra aperta su larga scala?
«Non ucciderei la guida suprema iraniana, altrimenti si potrebbero aprire nuovi scenari e paradossalmente si potrebbe compattare l'Iran».
Quale messaggio dovrebbe inviare l'Europa ad Israele?
«Credo che si dovrebbe intervenire sulla Cisgiordania. È il vero punto nero per il quale non mi sento di trovare alcuna scusante per Israele».