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Nordio, forfait alla Leopolda. E la commissione ora divide

Renzi: "Molti vogliono che l'inchiesta sui dossier finisca in una bolla di sapone". Anche la Lega chiede di istituirla

Nordio, forfait alla Leopolda. E la commissione ora divide

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Chi ha paura della commissione d'inchiesta sul «verminaio» (parola di Raffaele Cantone) dei dossier illegali? Qualcuno (o molti) vogliono che «uno scandalo immenso finisca in una bolla di sapone», come teme Matteo Renzi?

Alla Leopolda fiorentina, da dove l'ex premier lancia la sua campagna elettorale per le Europee, diventa un giallo la defezione improvvisa del ministro Carlo Nordio. Sponsor, insieme a Guido Crosetto, dell'indagine parlamentare sugli accessi abusivi alle banche dati sotto il controllo, a quanto pare assai permeabile, della Direzione nazionale antimafia e relativi procuratori. «La sua assenza non è casuale», assicura Renzi. Anche perché, come racconta Maria Elena Boschi, «Nordio mi aveva confermato in persona il suo intervento stamattina alle 10, chiedendoci la cortesia di spostarlo di un'ora. Evidentemente è stato bloccato».

A sera tocca a Renzi tirare le somme politiche dell'accaduto, e del dietrofront di «un gentiluomo come Nordio». Lo fa dal podio della kermesse, dopo una durissima requisitoria del professor Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, che denuncia come il circuito perverso tra «potere giudiziario, media e politica» stia «corrodendo le basi della democrazia italiana». Secondo il leader di Italia viva, «è in corso in queste ore una lotta fratricida dentro le redazioni, i partiti, i corpi dello Stato. Perché se viene fuori la verità e la portata dello scandalo dossieraggi esplode il verminaio». Mentre invece molti hanno fretta di «far finire tutto in una bolla di sapone, magari trovando un singolo capro espiatorio che paghi per tutti». Del resto, sottolinea, «non è un caso» che Cantone e il procuratore antimafia Melillo «abbiano chiesto di essere ascoltati dal Csm, e ad oggi nessuno li abbia convocati». Ma Renzi punta il dito anche contro il partito della premier e alcuni suoi uomini «in ruoli importanti a guida del paese»: «Ho ragione di credere che un pezzo di Fdi tema che sulla commissione di inchiesta si saldi una maggioranza trasversale (proprio ieri è arrivata l'adesione della Lega, ndr) che impedisca di troncare e sopire il caso». Poi si rivolge direttamente alla premier: «Meloni, qui misureremo il tuo coraggio e la tua voglia di trasparenza».

Cassese, dal canto suo, sottolinea che «la procura Antimafia ha l'accesso a almeno dieci banche dati che contengono la vita privata di tutti noi. Dovrebbe essere Fort Knox, e invece, a quanto pare, non avevano predisposto neppure i filtri più banali» per evitare che venissero saccheggiate, con i giornalisti a far la parte dei «portavoce delle procure» e i tre ultimi capi della Dna che «sono passati senza soluzione di continuità dal vertice dell'Animafia al Parlamento», in quota Pd o M5s.

Sul palco della Leopolda si susseguono, com'è tradizion, ospiti illustri e testimonial di issue diverse. Dalla tragedia della malagiustizia narrata da Giuseppe Gullotta, arrestato, torturato e condannato all'ergastolo per un omicidio mai commesso, e tornato libero dopo 22 anni per la revisione del processo, all'infettivologo Bassetti. Che analizza la lotta al Covid: «Sul lockdown dò un giudizio scientifico: nei primi 2-3 mesi non si poteva fare altrimenti», ma oltre quel periodo «i danni che ha causato alla società civile e all'economia sono ingiustificabili dal punto di vista scientifico». Alla fine, sottolinea, «l'unica misura che ha dato benefici indiscussi è stata la campagna vaccinale» fatta dal governo Draghi.

Dietro le quinte si ragiona sul difficile quorum alle Europee: «Speravamo nell'erosione del voto di Forza Italia, che invece non c'è», confida un dirigente.

Poi c'è la partita di Firenze: «Con il Pd è finita, andremo da soli con la nostra candidata Stefania Saccardi, puntando al ballottaggio», sfida Renzi.

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