Cronache

Le nostre capitali del crimine? Ecco la sorpresa: sono al Nord

Rimini pericolosa come Milano

Le nostre capitali del crimine? Ecco la sorpresa: sono al Nord

Le capitali del crimine? Rimini, Milano e Bologna.

Più d'un reato all'ora. È il ritmo che catapulta le tre città del Centronord in testa alla classifica sfornata dal Sole 24 Ore con l'annuale analisi sulla criminalità, basata sui dati del ministero dell'Interno. Il periodo considerato è il 2015. Paradossalmente, restano nelle retrovie le aree a maggiore presenza criminale. Così, se Foggia (prima provincia del Centrosud con 4.701 reati ogni 100.000 abitanti) è al 23° posto, Rimini (con 7.791), Milano (7.636) e Bologna (7.240) sono in cima alla graduatoria, anche se perdono il primato per i furti in casa, precedute dal trio Ravenna-Savona-Lucca. I proprietari d'auto rischiano invece soprattutto dalle parti di Barletta-Andria-Trani e Bari. Per rapine e borseggi la fa da padrona Napoli, dove l'incidenza è quattro volte superiore alla media. Il metro di giudizio è costituito dalle denunce: 2,7 milioni. Diminuite del 4,5% rispetto al 2014. Nel dettaglio: le segnalazioni di furto sono calate del 7% (pur continuando a pesare per oltre la metà sul totale). In calo pure quelle per rapina (-10%), omicidio (ferme a quota 469) e usura. Lievitano, per contro, estorsioni (+ 20%), riciclaggio (+13%) e frodi informatiche (+ 8,8%). Numeri che portano «il Sole» a sostenere che il controllo del territorio in chiave antiterrorismo tagli i reati, cancellando «l'immagine dell'assedio alle città» e indebolendo «uno degli argomenti più gettonati da alcune forze politiche a sostegno della riforma sulla legittima difesa».

Conclusioni opinabili. Statisticamente, ancor prima che politicamente. Lo studio pubblicato dal quotidiano di Confindustria non reca neppure come postilla l'avvertenza che invece l'Istat sentiva l'esigenza, un anno fa, di inserire in calce al suo report sulla situazione del Paese: «Per i reati predatori livelli assoluti e confronti possono essere influenzati dalla propensione delle vittime a denunciare il reato subìto». Conferma lo stesso Viminale nella relazione sull'andamento generale della criminalità: «Se rappresentiamo l'ammontare dei reati come un iceberg, osserviamo che i valori disponibili danno conto soltanto della parte emersa». Un utile punto di riferimento, sebbene risalente al 2010, può essere l'indagine a marchio Istat sulla percezione della sicurezza, che all'epoca chiariva: quanto ai furti, vengono portati a conoscenza delle autorità nel 96,7% dei casi se riguardano camion (88,6% per le auto, 86,6% per le moto). Raramente si riferisce di minacce (il 27,6% degli episodi) e aggressioni (19%). Denunciate inoltre il 75,6% delle rapine effettivamente consumate ed il 74,2% dei furti in abitazione. Perché non si denuncia? Per vergogna, come in occasione di violenze sessuali. Per la scarsità del valore dei beni sottratti da ladri e rapinatori. Perché non si ha fiducia nella giustizia. O ancora, certifica l'Istat, «per il fatto di cavarsela da soli, specie nelle aggressioni». Con scippi, minacce, furti e borseggi, poi, che al Sud vengono dichiarati meno (all'incirca il 15%) che altrove. Per tacere del ruolo degli stranieri: delinquono quanto gli italiani, ma si intestano (dice sempre l'Istat) il 70% dei borseggi e un terzo dei crimini violenti.

Per questo, attacca il presidente della Provincia di Rimini, il renziano Andrea Gnassi, non certo un estremista, «resta intatta la perplessità per un metodo che mette assieme pere con mele, non avendo mai considerato di introdurre più precisi elementi di valutazione».

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