Milano ha voglia di ripartire ma la Lombardia frena la furia metropolitana e rinvia il momento della normalità. I numeri preoccupano ancora, li sciorina alle 17 l'assessore al Welfare Giulio Gallera da Palazzo Lombardia (con il presidente Attilio Fontana che saluta in streaming dall'autoisolamento a casa sua): 4835 tamponi effettuati nella prima settimana di emergenza, il 75 per cento dei quali con esito negativo, l'11 per cento positivo e il 14 ancora da processare. I contagiati fino a ieri erano 531, 235 dei quali ricoverati e 85 in terapia intensiva. Cinque sono le aree in cui è concentrata la diffusione del coronavirus in Lombardia (il Lodigiano e alcune aree del Cremonese, del Bergamasco, del Pavese) mentre il tutto per il «90 per cento dei pazienti si risolve senza problemi», mentre solo il «10 per cento necessita di andare in ospedale».
Quello dei posti in terapia intensiva è uno degli allarmi peggiori nella regione con il maggior numero di casi. E lo è in alcuni ospedali in particolare. Come quello di Lodi, nella fascia gialla che circonda quella rossa di Codogno, Casalpusterlengo e altri otto comuni. Qui nella serata di giovedì c'è stato un boom di accessi, secondo Fontana che ne parla all'Aria che tira su La7: «È scoppiata un'altra emergenza a Lodi: 51 ricoveri gravi di cui 17 in terapia intensiva. Lodi non ha un numero sufficiente di camere di terapia intensiva per cui sono stati trasferiti in altre terapie intensive della Regione».
Secondo il sindaco della città, Sara Castelnuovo, in realtà non ci sarebbe nessuna recrudescenza di positivi, «a Lodi non ci risultano persone contagiate dal coronavirus. L'emergenza a cui faceva riferimento il presidente Fontana è relativa al numero di ricoveri nel nostro ospedale. Persone giunte probabilmente dai comuni della zona rossa». Il caos è stato confermato anche da Angelo Borrelli, capo del dipartimento della Protezione Civile, che ammette che giovedì sera gli è giunta notizia dell'affollamento nell'ospedale lodigiano, che ha costretto la sanità regionale a disporre un rafforzamento del personale e un trasferimento di alcuni pazienti presso altre strutture ospedaliere della regione. «Ma ora è tutto normale», spiega Borrelli.
Come che sia, l'ospedale Maggiore di Lodi è al limite, ogni nuova ondata di accessi al pronto soccorso rischia di precipitare la struttura nel caos. Secondo Il Cittadino, il giornale locale, giovedì nel nosocomio erano ricoverati 85 pazienti positivi al Covid-19, 15 dei quali sistemati nella nuova area blu allestita in tutta fretta dove c'era il reparto di neurologia, allo scopo di decongestionare il pronto soccorso. Un altro spazio con una quarantina di posti letto è stato ricavato a Medicina. Il pronto soccorso è stato suddiviso in due zone, una per i sospetti contagiati da coronavirus e l'altro per gli altri pazienti.
Lodi e la vicina Codogno sono il cuore dell'emergenza nazionale, nella Lombardia resta la regione italiana con la maggiore incidenza di contagiati. I numeri, resi noti da Borrelli nel punto stampa delle 18 (da ieri è stato cancellato l'appuntamento mattutino) parlano di 888 casi totali: 821 sono i contagiati attuali, 21 i morti («molti dei quali però potrebbero essere deceduti non solo a causa del coronavirus», spiega Borrelli), 46 i guariti. L'ultimo caso a Roma: positiva una donna, rientrata da un viaggio nella provincia di Bergamo ricoverata allo Spallanzani.
Dei malati in corso 412 sono asintomatici o con sintomi molto lievi che permettono loro di restare in isolamento fiduciario domestico, mentre 345 sono ricoverati in condizioni non gravi e 64 sono invece in terapia intensiva.
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