Notte di fermi e interrogatori. Ma il branco è ancora libero

La polizia setaccia spiagge e edifici abitati da immigrati In questura diversi nordafricani. La svolta non arriva

Notte di fermi e interrogatori. Ma il branco è ancora libero

Un altro giorno è passato e il cerchio attorno ai quattro mostri di Rimini continua a stringersi, secondo quello che garantiscono gli inquirenti, ma con lentezza esasperante. Il branco di nordafricani «under 30» che alle 4 di sabato mattina ha stuprato una polacca di 26 anni dopo aver tramortito il suo amico su una spiaggia di Miramare e che poco dopo, sulla statale Adriatica, ha riservato lo stesso trattamento a un trans di nazionalità peruviana, è ancora libero. Attualmente la rosa dei sospettati sarebbe ristretta a una quindicina di soggetti, tutti nordafricani. E il capo della Procura di Rimini, Paolo Giovagnoli, manifesta un certo ottimismo: «Abbiamo una pista - dice ai giornalisti - sono fiducioso. La polizia sta lavorando bene, credo si possa arrivare a una soluzione in tempi brevi». Ieri una serie di perquisizioni tra colonie ed edifici abbandonati a Sud di Rimini ha portato al fermo di sette clandestini, tutti espulsi. Altre dieci persone sono state trovate nell'edificio degradato della cosiddetta «nuova questura» in via Ugo Bassi. Due di essi sono stati trovati con dei cellulari rubati.

Ma non è il mondo dei balordi che vivono di espedienti quello in cui gli investigatori contano di trovare gli autori delle violenze di sabato scorso. Dalle immagini di una telecamera che ha ripreso i quattro quella notte maledetta, essi appaiono vestiti in maniera abbastanza curata, ciò che fa pensare che si tratti di persone dotate di una certa disponibilità economica. Probabilmente soggetti che fanno stagione sulla riviera romagnola vendendo e consumando stupefacenti. Anche quella maledetta notte quasi sicuramente erano sotto l'effetto di una droga, forse assunta dopo averla disciolta nell'acqua.

Incrociando quelle immagini - in cui due di loro hanno il cappuccio della felpa calato sulla testa e due mostrano una carnagione olivastra - con i racconti di due testimoni si sarebbe giunti ai quindici sospettati. La polizia sta anche vagliando le impronte digitali trovate su un frammento della bottiglia di birra utilizzato per minacciare il trans. Si lavora anche sulle testimonianze e sulle celle telefoniche dei telefoni rubate alle vittime delle violenze e sui flussi telefonici nella zona in quelle ore. Anche i racconti delle tre vittime sono stati riletti parola per parola. Inoltre gli investigatori sono sempre più convinti che i quattro non fossero a Rimini per caso ma che quanto meno trascorressero sulla riviera romagnola la stagione balneare e che si guadagnassero da vivere spacciando. Con il passare delle ore si ingigantisce anche il sospetto che le quattro belve possano essere le stesse persone che il 12 agosto, due settimane prima dello stupro del bagno 130, aggredirono per strada, nella stessa zona di Rimini, Miramare, una coppia di giovani di Varese (lui 32, lei 30). Gli aggressori, in quel caso solo due, minacciarono la coppia con un collo di bottiglia e li rapinarono dei portafogli, poi cercarono di appartarsi con la donna ma i due riuscirono a fuggire e il giorno dopo sporsero denuncia. Denuncia che ora è finita dentro il fascicolo d'indagine sul doppio stupro della settimana scorsa; gli inquirenti trovano molti punti in comune tra i due episodi.

Migliorano intanto le condizioni dei due turisti, ancora ricoverati nel reparto Medicina d'urgenza dell'ospedale Infermi di Rimini.

La ragazza è ancora sotto choc mentre il giovane è stato sottoposto a una manovra manuale di assestamento delle ossa del naso, eseguita nel reparto di otorinolarinogoiatria. I due hanno anche chiesto di continuare a essere curati in Italia perché non vogliono essere riconosciuti in Polonia. Il senso di vergogna fa anche questo.

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