Guerra

La notte della grande fuga. Via dal Sudan 140 italiani

L'operazione della Difesa per portare in salvo 200 civili. In azione aerei C-130, forze speciali e servizi di sicurezza

La notte della grande fuga. Via dal Sudan 140 italiani

L'evacuazione di 140 italiani dal Sudan si è conclusa. La grande fuga per mettersi al sicuro da sparatorie e bombardamenti incessanti, nel Paese martoriato dagli scontri fra esercito e paramilitari, è andata a buon fine. Il primo dei due C-130 dell'Aeronautica militare italiana ha lasciato Khartum intorno alle 20, ora italiana, diretto alla volta di Gibuti, il Paese nel Corno d'Africa dove si trova il contingente della 46esima Brigata Aerea.

L'operazione, avviata dalla Difesa italiana per portare in salvo circa 200 civili - tra cui 140 italiani, una ventina di cittadini europei, alcuni svizzeri e rappresentanti diplomatici della Santa Sede in Italia (la Nunziatura apostolica) - vedrà il lieto fine definitivo con l'arrivo oggi in Italia dei connazionali. Ieri anche Stati Uniti e Regno Unito, quest'ultimo con l'aiuto di 1200 militari, hanno evacuato il personale dell'ambasciata e le loro famiglie e anche Germania, Francia, Belgio, Giappone e Olanda hanno proceduto alle prime operazioni di fuga.

Del nostro Paese non si sa ancora quanti militari siano stati impiegati, ma - ha spiegato il ministro della Difesa, Guido Crosetto - «due C-130 dell'aeronautica militare sono decollati alle 13.55 ora italiana da Gibuti, alla volta di Khartum, con a bordo personale delle forze speciali dell'Esercito italiano e dei Carabinieri». In azione il nono reggimento paracadutisti Col Moschin, il Gis dei carabinieri (Gruppo di intervento speciale) e il Goi (Gruppo operativo incursori) della Marina. «La sicurezza degli aeroporti è assicurata dai fucilieri dell'aria dell'Aeronautica militare», ha aggiunto Crosetto.

Per portare al sicuro i connazionali - con il piano di emergenza messo a punto dal governo in collaborazione con il Comando interforze, i Servizi di sicurezza e il Capo di Stato maggiore della Difesa - il vice premier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha parlato con entrambi i protagonisti dei combattimenti in corso in Sudan, il capo dell'Esercito Abdel Fattah al-Burhan e il leader delle Forze di supporto rapido (Rsf) Mohamed Hamdan Dagalo, che gli hanno dato «garanzia di tutela degli italiani». Già nella serata di ieri le Rsf del generale Dagalo riferivano di aver condotto «con successo» l'evacuazione di un gruppo di italiani dalla residenza dell'ambasciatore a Khartum. «Oltre al personale dell'ambasciata, sono stati portati via altri «41 italiani». E un primo C-130 italiano ha lasciato poco dopo la capitale.

Un'operazione «estremamente complicata», l'ha definita la Francia, dopo aver annunciato che un suo primo volo con a bordo un centinaio di persone di diverse nazionalità ha lasciato il Sudan. In giornata, un cittadino francese era rimasto ferito in un attacco contro il convoglio diplomatico sul quale viaggiava. Sulla paternità dell'assalto, le due parti in lotta in Sudan si scambiano accuse reciproche.

Intanto dall'Egitto riferiscono che anche due italiani in viaggio da tempo nel continente africano sono riusciti a scappare da Khartum. Hanno raggiunto in auto la frontiera con l'Etiopia e poi Addis Abeba, con l'aiuto dell'ambasciata d'Italia e delle autorità etiopi.

La preoccupazione è per chi resta, compresi alcuni italiani impegnati nel settore umanitario e sanitario che hanno deciso di non partire. Per le strade del Sudan è guerra.

Il capo dell'esercito al-Burhan ha promesso che non si fermerà se non da morto e il rivale, capo dei paramilitari Dagalo, ha garantito: «Continueremo la lotta fino alla resa di al-Burhan».

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