Coronavirus

Nuova indagine sulle varianti. La Xe (per ora) non fa paura

Sorveglianza Iss. I virologi: "L'ultimo ceppo appartiene alla famiglia di Omicron". A rischio chi è senza booster

Nuova indagine sulle varianti. La Xe (per ora) non fa paura

Gli infettivologi non hanno fatto in tempo a pronunciare la frase secondo cui «la fine dell'emergenza non significa la fine dei contagi» che ci troviamo a fare i conti con una nuova variante, la Xe.

Da questa settimana sorvegliata speciale. Una circolare firmata dal direttore generale della prevenzione del ministero della salute Gianni Rezza stabilisce che i campioni raccolti ieri, corrispondenti a prime infezioni, saranno analizzati tramite sequenziamento genomico per verificare la prevalenza di nuove forme di virus. Fortunatamente per il momento non sembra nè più nè meno della variante Omicron. Cioè: è più contagiosa del 9,8%, in base a quanto rilevato dall'agenzia sanitaria britannica, ma non provoca forme gravi come la Delta. L'Oms conferma che la famiglia è la stessa della Omicron e considera la Xe il frutto di una ricombinazione dei due principali sottotipi della Omicron, BA.1-BA.2. Per ora non è la variante prevalente, bisogna capire come si comporterà nelle prossime settimane. «Xe appartiene alla variante Omicron fino al momento in cui non saranno riportate differenze significative nella trasmissione e nelle caratteristiche della malattia, inclusa la gravità». La presenza del nuovo sottotipo Xe, spiegano gli esperti Oms, è stata segnalata in Gran Bretagna il 19 gennaio scorso, quando sono state osservate oltre 600 sequenze.

La semi-nuova versione del virus potrebbe contribuire ad aumentare i contagi (ma non i ricoveri) da qui a Pasqua e chi ha solo due vaccini non è protetto. Ieri oltre 30mila i casi positivi. «Oggi - spiega Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell'ospedale Galeazzi di Milano - c'è chi non denuncia la positività per non fare la quarantena, per questo i dati dei contagi sono almeno il doppio di quelli individuati, quindi ci saranno circa 150mila positivi nel Paese». La speranza è che l'andamento dei contagi segua l'andamento già riscontrato in Gran Bretagna: un nuovo picco di casi per lo più non gravi e poi un ritorno a percentuali del tutto tollerabili. Fino ad arrivare a giugno, quando i ricoveri potrebbero essere del tutto azzerati se ci comportiamo con un po' di criterio.

«È normale che questa variante ci sia - commenta Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell'università Vita-Salute San Raffaele di Milano - Per l'influenza di tipo A sono fenomeni che avvengono in continuazione, e quindi anche per il Covid possono verificarsi. Mi sarei preoccupato di più se questi ricombinanti ci fossero stati non tra due Omicron, ma per esempio tra Omicron e Delta o tra Omicron e qualche altra variante precedente che magari dava maggiore vitalità a una variante patogena che aveva già circolato».

Piuttosto i medici segnalano un'altra emergenza: quella della «bolla grigia» dei pazienti ospedalieri, ricoverati per altri motivi ma isolati perché positivi (magari senza sintomi). «Tutti i pazienti contagiati si trovano in buone condizioni ma dobbiamo comunque isolarli perché sono positivi. Questo crea problemi perché, se in una stanza normalmente entrano 4 pazienti, in questi casi possiamo tenerne uno solo» denuncia Dario Manfellotto, presidente della Federazione delle associazioni dirigenti ospedalieri internisti (Fadoi).

«Finora abbiamo pensato che creando dei reparti ad hoc dove mettere tutti i pazienti positivi, isolandoli dagli altri, avremmo risolto questo problema, ma ora - spiega - c'è una situazione nuova che ci obbliga a creare un terzo reparto nuovo e, inevitabilmente, crea problemi.

Penso che tutti gli ospedali debbano prevedere una 'bolla' che contenga questi 'pazienti grigi' e isolarli dagli altri».

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