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Obama duro con i jihadisti: "Siete un cancro da estirpare"

Il presidente Usa sceglie la linea ferrea dopo l'assassinio del reporter James Foley: "Per voi non c'è posto nel XXI secolo". Via ad altri 300 soldati in Irak e azioni in Siria

Obama duro con i jihadisti: "Siete un cancro da estirpare"

Il giornalista americano Steven Joel Sotloff potrebbe essere, e speriamo davvero che qualche miracolo lo soccorra, il prossimo in fila per soddisfare la sete di sangue dell'Isis. Il boia islamista dall'accento britannico dice alla telecamera mentre lo tiene per il collo: «La vita di questo cittadino americano, Obama, dipende dalle tue prossime decisioni», e ha appena decapitato un altro giornalista americano, James Foley. Il video che mostra tutto senza pietà, è costruito nello stile dei terroristi, appunto, per terrorizzarci fino alla più profonda fibra del nostro essere. Il terrorista con forte accento inglese spiega che lo scopo è quello necessario e legale di fondare uno stato islamico, il califfato, proprio come lo fece Maometto alla metà del settimo secolo. Gli americani, spiega il boia, disturbano questa santa passeggiata di sangue, e il maggiore responsabile dei loro fastidi sulla via del califfato universale è, nelle affermazioni del boia, Obama. La ragione evidente è il suo sostegno al governo iracheno e ai curdi, con i suoi circa 90 bombardamenti dall'8 di agosto, l'intervento dall'aria a Irbil, il salvataggio degli Yazidi. Quindi Foley deve morire in nome di tutti gli americani, i soliti maledetti imperialisti di sempre nonostante Obama abbia investito nel suo ruolo di colomba per quanto ha potuto. E Sotloff, i cui genitori hanno chiesto a Obama di fare il possibile per salvare loro figlio, sarà il prossimo se Obama non si tira indietro.

Ma Obama ha chiarito ieri che indietro non si tirerà. In una breve ma dura dichiarazione dal suo amato buen retiro di Martha's Vineyard ha detto chiaro e tondo che Isis è «un cancro che vuole un genocidio, e che deve essere estirpato con uno sforzo comune internazionale». Per lo Stato islamico di al-Baghdadi, ha scandito il presidente degli Stati Uniti, «non c'è posto nel ventunesimo secolo, faremo giustizia come sempre quando vengono attaccati degli americani ovunque nel mondo». Nessuna comprensione di stampo religioso può essere accampata per questi fanatici, ha detto Obama, precisando che «nessuna religione insegna alle persone a massacrare innocenti, nessun dio sosterrebbe quello che hanno fatto ieri e quello che fanno ogni giorno». E già il Pentagono «starebbe studiando» - secondo fonti dell'Amministrazione di Washington - l'invio di altri 300 militari in Iraq.

Non soltanto Obama ha reagito al linguaggio sanguinolento che Isis usa proprio per parlare a noi. La Francia e la Germania hanno espresso il loro orrore, il presidente Hollande chiede una conferenza internazionale per decidere come fermare l'Isis. David Cameron, dato che il governo inglese è particolarmente coinvolto a causa dell'accento inglese del boia, è tornato apposta dalle vacanze: i servizi di sicurezza americani e inglesi lavorano insieme per identificarlo.

Foley appare nel video come pietrificato, il suo bel volto è terreo, fisso, ripete deglutendo varie volte frasi probabilmente obbligate dai suoi carnefici, e dice le parole che da decenni ormai ci vengono insufflate da un'ideologia colpevolista che mette l'Occidente sul banco degli imputati anche quando è del tutto evidente la brutalità, la crudeltà, l'incapacità dei suoi nemici. Foley sembra costretto a dire «mi rivolgo ai miei amici, alla mia famiglia, ai miei cari, a insorgere contro i miei veri assassini, il governo americano, perchè quello che mi accadrà è solo conseguenza della sua complicità e criminalità» e chiede ai genitori di «non accettare nessuna magra ricompensa per la mia morte da quella stessa gente che ha piantato l'ultimo chiodo nella mia cassa con la recente campagna in Iraq».

La mamma di Foley, Diana, è stata valorosa, nel suo immenso dolore, da non accettare provocazioni, e ha detto di essere orgogliosa del suo «figlio meraviglioso» che è morto «cercando di mostrare al mondo le sofferenze del popolo siriano» e ha chiesto ai terroristi di risparmiare gli altri ostaggi innocenti. «Ha mostrato coraggio e accettazione fino all'ultimo - ha anche detto la madre di Foley - ed è morto portando testimonianza.

Mi ha ricordato Gesù».

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