Politica estera

Occidente debole con i terroristi

L' intrigante mistero del terrorismo è lo stesso che in queste ore riempie di stupore gli alunni della scuola di Kiriat Ono dove lavorava come bidello il terrorista Yussef Abu Jaber che si è lanciato con la macchina su Alessandro Parini

Occidente debole con i terroristi

L' intrigante mistero del terrorismo è lo stesso che in queste ore riempie di stupore gli alunni della scuola di Kiriat Ono dove lavorava come bidello il terrorista Yussef Abu Jaber che si è lanciato con la macchina su Alessandro Parini e il piccolo gruppo che camminava con lui: un giovane sorridente tranquillo, disponibile mentre qualcuno lo filma durante il suo umile lavoro. Alle prime indagini non ha profilo e storia da terrorista. La domanda sul terrorismo è quella sulla inconoscibile storia della crudeltà umana: proprio quel 45enne sorridente, ha spinto al massimo sul gas e si è lanciato per uccidere su un gruppo di esseri umani che passeggiava in vacanza davanti al mare di Tel Aviv. La stessa decisione di uccidere a caso degli innocenti, che appare folle e incomprensibile, la mattina dello stesso giorno ha portato un altro terrorista, per ora in fuga, a sparare da un'auto 22 colpi uccidendo due ragazze di 15 e di 20 anni e riducendo in fin di vita la madre che era al volante.

L'elenco in Israele è infinito: è del Guardian la valutazione che nel 2022 gli israeliani siano stati colpiti da 5mila attacchi terroristici. Solo per rinfrescarsi la memoria: un anno fa, il 7 aprile, vicino al luogo dell'attacco, tre uccisi; sette morti e tre feriti a Gerusalemme mentre uscivano dal tempio a gennaio; due fratellini di 6 e 8 anni a febbraio; a marzo l'attacco armato a un caffè di Tel Aviv. Inutile avventurarsi, l'elenco è infinito, 18 morti in meno di tre mesi, 200 attacchi armati sventati. Ma da ovunque provenisse il terrorista, dall'Anp come dai centri arabo-israeliani, come l'ultimo, la stessa conclusione: rivendicazione dell'eroico Shahid da parte di Hamas e di altre organizzazioni; distribuzione nelle strade di Gaza di dolci e lodi dell'attacco e una pensione a vita alla famiglia per scelta di Mahmoud Abbas.

L'Ue ha fatto un tiepido comunicato in cui in cui invita le parti, supponendo un'equivalenza fuori della realtà, alla calma e a alla «proporzionalità». Si tratta del solito errore nel considerare il difendersi dal terrorismo pari al terrorismo stesso: oggi in particolare, se si esaminano gli ultimi giorni, si nota come sia di nuovo il fuoco religioso, che sempre accende la Spianata delle Moschee a Ramadan, che ha dato il via a una pioggia di missili sia dal Libano sia da Gaza. Da là si è scatenata l'epidemia di attentati in cui vengono attratti nuovi adepti con i social che chiamano a difendere le Moschee, i contatti personali, la distribuzione di armi spesso per la prima volta nelle mani dei candidati «Shahid». Si tratta di una rete che ha poco a che fare con la disputa territoriale locale, ma che è invece alimentata e organizzata da nuove ambizioni geopolitiche molto larghe: esse cercano tramite la scusa di proteggere i palestinesi o le Moschee di Gerusalemme, l'unità islamica della guerra di religione, con al centro la distruzione dello Stato d'Israele. Gli attacchi dal Libano da parte dei palestinesi armati dagli Hezbollah a loro volta in mano all'Iran, i missili da Gaza lanciati con la sponsorizzazione degli ayatollah dalla Jihad Islamica, insieme all'ondata terroristica disegnano un attacco concentrico. L'editoriale di Keyhan, il giornale che esprime l'opinione del regime iraniano, dice: «L'implosione in varie parti di Israele, all'interno, invita una campagna collettiva da fuori i confini della Palestina Occupata in modo da porre fine all'esistenza dell'Entità Sionista». Erdogan ha detto a Ebraihim Raisi al telefono che «il mondo islamico deve unirsi contro gli attacchi israeliani in Palestina». L'Arabia Saudita incontra l'Iran, mentre Ismail Haniye, il capo storico di Hamas, incontra Nasrallah a Beirut.

Sullo sfondo l'idea che Israele e anche gli Stati Uniti passino un momento di debolezza. E la debolezza invita la violenza.

E anche le posizioni che prende l'Europa non inducono un'impressione di forza.

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