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Oggi la maratona di New York magica gara che cambia la vita

Alla partenza in 50mila. Arrivano da tutto il mondo per quella che per molti è una corsa per rinascere

Oggi la maratona di New York magica gara che cambia la vita

New York vale il viaggio. Sempre. Ma quando c'è la maratona forse di più. «È l'unica che può cambiarti la vita. Se vinci da qualche parte del mondo diventi un atleta di primo piano ma se vinci a New York diventi famoso..» racconta Gianni Poli, un pezzo di storia della nostra maratona, il primo azzurro a scendere sotto le 2 ore e 10 minuti sui 42 chilometri, e vincitore nella grande Mela nel 1986. E a Poli, ma anche a Orlando Pizzolato che a Central Park arrivò a braccia alzate nell'84 e nell'85, la Nycm la vita l'ha cambiata davvero.

Non solo a loro. La vita un po' la cambia a tutti perché per un maratoneta correre a New York è il coronamento di un sogno che a volte ti fa nascere o rinascere. O almeno ricominciare. Nel 1970, quando l'avventura partì, al via c'erano 127 podisti, oggi quando un colpo di cannone darà il via dal ponte di Verrazzano a scattare saranno in 50mila. E in quel fiume unamo c'è dentro di tutto, con la corsa che diventa il modo per riscattarsi, per prendersi una rivincita, per dimostrare a se stessi che non c'è difficoltà, sfortuna, malattia o destino contro cui non si possa lottare, combattere e magari vincere. Basta crederci, volerlo. Nella maratona c'è il miracolo possibile. Come quello di Leonardo Cenci, 43 anni perugino, con un tumore al polmone che proverà finalmente ad arrivare al traguardo di una corsa che per lui è una luce da tenere accesa. E che non vuole spegnere. È da quattro anni che si allena, nonostante i ricoveri, nonostante le chemio: «Mi avevano dato 6 mesi di vita- racconta-. Lo sport mi ha aiutato e a New York vincerò io non il cancro. È la sfida più dura della mia vita. Quando mi fu diagnosticata la malattia mi stavo preparando proprio per la Maratona di New York, annullata a causa dell'uragano Sandy. Ed ora, 4 anni dopo, voglio ripartire proprio da qui. Sono un miracolato...».

Cenci con la sua associazione «Avanti Tutta» raccoglie fondi e vuol essere un esempio per tutti i malati oncologici: «Sarò il primo italiano a correre la maratona di New York con un tumore in atto e voglio battere il record di 5 ore e 32 minuti di Fred Lebow il fondatore della maratona di New York che corse con un cancro al cervello...».

New York è tante storie. E la maratona diventa la striscia disegnata di Capitan America. Diventa la storia di Niccolò Vallese, ragazzo con sindrome di Down, che i grattacieli li ha immaginati solo in quei fumetti e che lavora come maitre in un albergo di Asti. New York era il suo sogno e domenica diventerà il pezzo più importante della sua vita: «Ancora non ci credo- racconta-. Ho capito che parto ma finchè non parto... La corsa? Non so, arriverò fino in fondo e quello sarà il momento più bello delle mia vita...». Gli brillano gli occhi. Non solo a lui. A tanti come lui. Storie diverse ma tenute insieme da una corsa contenitore laico di speranze e vite da riconquistare. Dai ragazzi di San Patrignano che nella Grande mela ci tornano per la terza volta perché lo sport, questo sport, è un via d'uscita.

Furono Letizia Moratti e il dottor Gabriele Rosa del centro Marathon di Brescia ad avere l'idea. «Ora- racconta Antonio Boschini- il medico della comunità - se lei viene da noi trova 400 ragazzi che corrono sulle colline. La corsa è una terapia fantastica e New York è il traguardo di una vita che ricomincia».

E allora la corsa può essere quella fantastica, elegante, veloce, incredibile del keniano Stanley Biwott che l'anno scorso ha vinto in poco più di due ore e quest'anno ci riprova, oppure quella di Maria Luisa, Luana, Andrea, Marina, Ivana Corinna o Francesco malati di sclerosi multipla ma in gara con «Correre oltre» per dimostrare che nonostante tutto, si può fare. Anzi. Per spiegare a chi soffre come loro che una speranza c'è. «Nove anni fa anni fa mi hanno diagnosticato la sclerosi e mi hanno detto che le mie gambe avrebbero potuto fermarsi- racconta Maria Luisa, 47anni, avvocato-. Ho pianto. Poi però mi sono comprata un paio di scarpe da running e ho capito che con la corsa forse non sarei guarita ma sicuramente mi avrebbe aiutato a convivere meglio con malattia. Ora la sfida e domenica mattina con altri sei compagni di avventura saremo li a provarci...».

Si ricomincia. Si riparte dalla corsa e da una città che come dicono sempre con orgoglio gli americani una possibilità la regala a tutti. «Io con i miei atleti la maratona di New York l'ho vinta 12 volte- spiega Gabriele Rosa, che con i keniani qui ha scritto la storia-. Ma questa maratona è altro. Lo sport è benessere e aiutando queste persone a costruire la loro sfida si arriva a un'estremizzazione che serve dare esempi e speranza». Vale per tutti. Vale per Luca, 30 anni, operaio con disabilità intellettiva realazionale emulo di Forrest Gump che corre da quando aveva dieci anni e che con l'associazione «Nonsolosport onlus» ha trovato la strada per partecipare anche agli Special Olympics. Corre per vivere, per tenere a bada il diabete. Tutti di corsa. Per vincere, partecipare, gioire, riscattarsi. Ma anche per ricominciare. E magari rinascere..

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