Oldani: "L'alta cucina per tutte le tasche? Materie prime ottime e secondo stagione"

Lo chef: "Sì all'innovazione, ma non sono pronto per gli insetti. Il mio ristorante? Bello restituire qualcosa alle origini"

Oldani: "L'alta cucina per tutte le tasche? Materie prime ottime e secondo stagione"
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Se è vero che la Terra non è gratis, il cibo dev'essere qualcosa di più che un rito necessario. Dev'essere etica, cultura, voler bene a quello che abbiamo e a quello che siamo. La storia che Davide Oldani ha raccontato al convegno del Giornale, parte dalla piazzetta di Cornaredo in cui è tornato chef per realizzare il suo piccolo miracolo: «Sarebbe stato facile aprire un locale a Milano, è stato più bello restituire qualcosa alle mie origini». Così, davanti a quell'olmo che un tempo era quasi rinsecchito, e di fronte a quella chiesa che fa comunità, ecco che Oldani ha non solo ha il suo celeberrimo due stelle «D'O» (la cui prima versione guardava sulla statale di passaggio), ma anche il laboratorio Next Door e l'altro ristorante, Olmo appunto, che rappresenta le radici, «e nel quale infatti il menù si legge dal basso in alto, come cresce un albero». Poi, Olmo, è anche la scuola dove insegna a oltre 300 allievi la Cucina Pop, il suo marchio di fabbrica, «che vuol dire rispettare il cibo e gli altri. Oggi sembra strano vedere studenti con una divisa, o che salutano l'insegnante quando entra in classe. Io pretendo da loro etica del lavoro e che si vivano le soddisfazioni che meritano».

Così, tornando al D'O, tutto è partito quando a mezzogiorno metteva fuori il cartello menù a 11,50 euro, e nessuno credeva fosse serio: «Decisi che si poteva offrire a tutti una cucina di livello: due piatti, mezza caraffa di vino, un caffè. Ho cominciato da lì». Pensando sempre a materie prime di qualità e secondo stagione: «Mangiare è lentezza, e questo vuol dire saper scegliere nel modo giusto. Per esempio: no ai pomodori in estate. Si deve avere il coraggio di dire a un ospite che un ingrediente non è disponibile. Niente scorciatoie». Ospite che deve vivere il D'O (e l'Olmo) come un momento unico, con piatti, accessori e perfino sedie progettati dallo chef: «Tutti abbia il diritto di goderci la comodità».

E poi ci sono i suoi ragazzi che aiutano a spazzare la piazza («una malattia che fa bene: cominciato noi, ora lo fanno in tanti a Cornaredo»), così come il fatto che il D'O è davvero il centro del paese: «Durante i lavori mi vedevano come un nemico, molti di quelli che mi contestavano ora sono miei clienti». Rispetto, educazione, etica, «e anche se siamo più cari di una volta, non siamo costosi. Resto un artigiano, le mie ricette non hanno segreti, sono tutte nei miei libri».

Così non ha segreti il futuro del cibo: «Io sono per l'innovazione e con Lavazza ho portato avanti un progetto per fare il caffè con l'acqua rigenerata. Però non sono pronto per mangiare gli insetti: abbiamo le proteine che servono nella nostra cucina, basta solo scegliere bene per mangiare quel che serve e che ci piace». Questione di rispetto, per noi e per la Terra.

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