
L'atto vandalico contro la lapide del monumento a Giacomo Matteotti è un gesto vile, incivile, da condannare senza esitazioni. Chiunque sia stato, qualunque sia la matrice, ha compiuto un atto indegno, offensivo non solo della memoria di un martire del Novecento, ma anche del senso stesso della nostra democrazia.
È questo il senso dei commenti politici che vengono dettati alle agenzie una volta che si diffonde la notizia di quanto accaduto sul Lungotevere Arnaldo da Brescia. Come di consueto però a un certo punto parte il riflesso condizionato, si accende l'eterno falò della contrapposizione tra fascismo e antifascismo e inizia la danza del sospetto. Se c'è un atto vandalico, insomma, sotto sotto deve esserci una colpa in qualche modo moralmente riconducibile a Giorgia Meloni.
È la nipote di Matteotti, Elena, figlia di Matteo, membro della costituente, segretario del Partito Socialdemocratico e più volte ministro, a lamentare l'assenza di una dichiarazione pubblica da parte della premier: "Sarebbe doveroso, il minimo che possa fare. Ma dovrebbe andare contro tante cose". Soltanto un anno fa però Giorgia Meloni, in Aula, in occasione del centenario dell'ultimo discorso di Matteotti, scandì parole inequivocabili: "Un uomo libero e coraggioso, ucciso da squadristi fascisti per le sue idee". Una condanna senza attenuanti. Così come fu netta la sua lettera al Corriere della Sera per il 25 aprile, dove ribadiva la distanza "senza ambiguità" da ogni forma di totalitarismo.
Plauso, invece, per i gesti del vicepremier Antonio Tajani e del ministro della Cultura Alessandro Giuli: il ministro degli Esteri è stato tra i primi a reagire, esprimendo "sdegno": "Danneggiare la lapide di un italiano caduto per la libertà di tutti noi è un atto grave - dice il segretario di Forza Italia - Un attacco alla sua memoria che abbiamo l'obbligo di condannare". Giuli è andato subito sul posto, si è piegato di fronte alla stele, l'ha spolverata e vi ha deposto un bacio con la mano: "Non è la prima volta che succede? - le sue parole - Dovrebbe essere l'ultima". Condannano l'accaduto, sempre in casa centrodestra, anche i presidenti del Senato Ignazio La Russa ("gesto inaccettabile e vile che colpisce chi pagò con la vita la difesa dei suoi convincimenti ideali e politici") e della Camera Lorenzo Fontana, che ricorda come a Montecitorio "la sua memoria sia viva e simbolicamente rappresentata dallo scranno che gli abbiamo riservato l'anno scorso, da cui Matteotti denunciò, il 30 maggio del 1924, le violenze e i brogli fascisti".
Giuseppe Conte, invece, sceglie di tirare in ballo la premier. "Ci aspettiamo che vengano individuati i responsabili e che Giorgia Meloni dia seguito alla richiesta fatta dai familiari di Matteotti: dia un segnale chiaro a nome di tutto il Paese contro questo scempio". Una richiesta avanzata anche dal deputato Pd, Andrea Casu.
Una delegazione del Nazareno, guidata da Elly Schlein, intanto depone un mazzo di rose rosse al monumento: "Il danneggiamento della lapide per mano fascista - commenta la segretaria - è un atto gravissimo e un insulto alla memoria di una persona che ha pagato con la vita l'aver combattuto per la libertà".