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Ong, un altro salvagente dai giudici

A Reggio annullato il fermo della nave "Sea Eye 4" che violò il decreto Piantedosi

Ong, un altro salvagente dai giudici
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Quarta sentenza appiattita sulla linea delle Ong del mare, che annulla il fermo di 60 giorni di Sea Eye 4, una delle navi dei talebani dell'accoglienza tedeschi. Il disegno è chiaro: utilizzare la magistratura per fare a pezzi il decreto del ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, che cerca di arginare l'interventismo senza regole delle Organizzazioni non governative che sbarcano i migranti in Italia. La linea è spiegata da Fulvio Vassallo Paleologo, un giurista ultra filo Ong, che canta vittoria per «la quarta decisione di un Tribunale civile italiano che boccia la politica dei fermi amministrativi, rilanciata dal Decreto Piantedosi». L'obiettivo è fare intervenire la Corte costituzionale «sulla legittimità del decreto» che stoppa le Ong. I magistrati danno quasi sempre torto al Viminale e alla Guardia costiera prendendo per oro colato la versione dei talebani dell'accoglienza. Solo una volta un tribunale toscano ha avuto il coraggio di uscire, in parte, dal seminato. Sulla rivista in rete dell'Associazione diritti e frontiere Adif, si sottolinea che «in sequenza con le decisioni dei tribunali civili di Brindisi, a Crotone e Ragusa, malgrado la pronuncia interlocutoria di Massa Carrara rimasta isolata, è la quarta decisione che boccia la politica dei fermi amministrativi, rilanciata dal decreto Piantedosi» per le navi delle Ong.

L'ultima martellata giudiziaria è stata firmata dal giudice Dionisio Pantano del tribunale dei Reggio Calabria, che ha annullato il fermo amministrativo di 60 giorni della Sea Eye 4, nonostante la «recidiva» del suo capitano.

I talebani dell'accoglienza tedeschi erano arrivati il 7 marzo, al largo della Libia, su segnalazione di Alarm phone, il centralino dei migranti, trovando 84 migranti. La Guardia costiera libica, intervenuta con due motovedette che li avrebbe riportato a terra, si è trovata davanti al fatto compiuto. Tripoli ha denunciato che l'intera operazione è avvenuta senza il suo necessario coordinamento. Nelle trenta pagine di sentenza si sposa la linea delle Ong affossando quella del Viminale e della Guardia costiera italiana, che aveva eseguito il fermo. Secondo il giudice «i fatti contestati all'ONG Sea Eye sono indimostrati o lo sono in modo assai contraddittorio». La Guardia costiera italiana fa notare che «la rotta mantenuta dal gommone era assai insolita (...) anziché dirigersi verso il punto di costa più vicino, ossia l'isola di Lampedusa, lo stesso si dirigeva in direzione opposta (...) in direzione della SEA-Eye 4». Non solo: Tripoli «lamentava che le proprie motovedette non erano potute intervenire per evitare disordini ed il rischio che i migranti si gettassero in mare». Tutto non provato e inutile, come se le Ong avessero sempre ragione e le istituzioni e leggi torto.

Paleologo indica la meta scrivendo che «nel rispetto dei principi di sovranità nazionale riconosciuti dalla Corte costituzionale, appare irragionevole una scelta legislativa, come quella operata con il decreto Piantedosi».

La grancassa continua con Gorden Isler, che sui social si presenta come attivista dei diritti umani antifascista: «La sentenza di Reggio Calabria» è «una vittoria significativa».

Il presidente di Sea-Eye invoca addirittura «il sostegno politico del governo tedesco». In pratica l'Italia starebbe «violando i diritti del nostro Stato di bandiera con la detenzione illegale di navi di soccorso tedesche».

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