Trapani «Per noi il salvataggio delle vite umane è e sarà la priorità. Quindi ciò che più ci spiace è non potere operare al momento in una zona di ricerca e soccorso». Ma le parole della Ong tedesca Jugend Rettet, che si è vista sequestrare la nave «Iuventa» dalla procura di Trapani, con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, sono smentite dai dati che confermano come i morti in mare siano aumentati proprio a causa della certezza da parte di chi lascia le coste libiche che ci sarà qualcuno a trasbordarli, certezza che ha, via via, reso sempre meno sicure le imbarcazioni, visto che devono affrontare solo brevi tratti.
La Jugend Rettet non ha firmato il codice di condotta studiato ad hoc per disciplinare il comportamento delle Ong nelle operazioni di ricerca e recupero dei migranti, ed è pronta a presentare ricorso chiedendo il dissequestro della nave. Ha invece capitolato la tedesca Sea Eye, portando a quattro il numero di Ong che hanno promesso di conformarsi al regolamento. Le altre sono Moas, Save the Children, Proactiva Open Arms, che si impegnano a non entrare in acque territoriali libiche, salvo situazioni di pericolo grave, non spegnere o ritardare la trasmissione dei segnali di identificazione delle navi, non comunicare con gli scafisti, informare il proprio Stato di bandiera dei soccorsi effettuati, non trasferire i migranti su altre navi, a ricevere a bordo, su richiesta delle autorità nazionali, funzionari di polizia giudiziaria, dichiarare le proprie fonti di finanziamento e attestare l'idoneità tecnica per le attività di soccorso. Nella black list delle Ong che non si conformano alle regole ci sono Msf, Sos Mediterranée, Migrant Offshore Aid Station, Life Boat e Jugen Rettet.
Sulla questione del codice di condotta è intervenuta l'Ue. La portavoce della Commissione europea, Mina Andreeva, ha espresso fiducia su come le autorità italiane stanno gestendo la situazione, il commissario europeo per le migrazioni e affari interni, Dimitris Avramopoulos, si spinge oltre, chiedendo alle Ong di conformarsi al codice. E aggiunge: «Mi dispiace che alcune Ong abbiano scelto di non firmarlo. Dobbiamo lavorare tutti assieme per smantellare il modello di business dei trafficanti ed evitare le morti dei migranti». Ma di fatto la mancata firma non ha impedito ad alcune Ong di continuare a operare.
Non manca la polemica politica. Di Maio con un post cerca di intestare ai grillini la battaglia contro le Ong, attirandosi critiche dal Pd. Ma anche a sinistra è scontro sulle dichiarazioni del senatore del Pd Stefano Esposito ad Agorà. «Alcune Ong ideologicamente, o dal loro punto di vista in maniera ideale, pensano solo a salvare vite umane.
Noi non possiamo permettercelo», precisando poi su Twitter di voler dire che «le Ong devono accettare il codice se vogliono operare». Precisazione che non è bastata a placare le polemiche di chi sui social si dichiarava di sinistra.
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