Campo largo in nome del potere

Pure le candidature della discordia seguendo il faticoso processo che contraddistingue il centro-sinistra sembrano sul punto d'arrivo

Campo largo in nome del potere
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È un processo inerziale di cui già si conosce la meta. Che Elly Schlein sta assecondando: anche per le regionali tra uno step, uno stop, una legittimazione, una contorsione, tanta retorica per il palcoscenico ma uno spiccato pragmatismo nelle scelte sta prendendo forma il campo largo. Pure le candidature della discordia seguendo il faticoso processo che contraddistingue il centro-sinistra sembrano sul punto d'arrivo: salvo sorprese finali in Toscana sarà confermato dopo aver baciato la pantofola della segretaria l'attuale governatore Giani, in Campania Vincenzo De Luca darà il via libera all'ex-presidente della Camera Roberto Fico e in Puglia ci sarà l'ex-sindaco di Bari Antonio Decaro. È lo stesso meccanismo che determinò ormai trent'anni fa la nascita dell'Ulivo e dell'Unione. Si alleano per vincere, governare è un'altra cosa ma ci penseranno dopo in caso di vittoria: è la logica del centro-sinistra da sempre ed è l'unico modo che ha a disposizione per entrare nella stanza dei bottoni.

Se attraversi il Transatlantico di Montecitorio sul versante di sinistra questa è l'atmosfera. Non si parla più di veti su Renzi e si abbassano le quotazioni di Calenda. Anche nell'area più estrema. "Ormai - spiega Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra - è inevitabile che si vada tutti insieme. Calenda? Se va dall'altra parte al massimo si porterà dietro un terzo dei suoi elettori". Il piddino Federico Granassi la pensa allo stesso modo: "Il sentiero è tracciato e poi voglio vedere chi a sinistra si assumerà la responsabilità di regalare altri cinque anni di governo alla Meloni, di farla raddoppiare!".

Gli ingredienti sono i soliti e quando la sinistra è lontana cinque anni dal potere funzionano: è tradizione. Tornare al governo dopo 1826 giorni di digiuno è il più formidabile dei collanti da quelle parti. I più svegli a destra lo hanno capito. "Alla fine si metteranno d'accordo - dà per scontato Donzelli, responsabile organizzativo di FdI - con Giani in Toscana e Fico in Campania. A noi Fico sta bene, la sua intransigenza spingerà molti seguaci di De Luca a passare dalla nostra parte". Ma con il campo largo che prende forma ora è il centro-destra che deve ponderare le sue mosse. Se si gioca in due e non in tre come in passato anche i particolari fanno la differenza. Figurarsi la gestione di un caso come quello dell'attuale governatore uscente del Veneto, Luca Zaia, un personaggio che sulla carta ha un seguito personale del 40%: il centro-destra deve trovare un assetto che gli permetta di sfruttare la popolarità del leghista o, comunque, di non averlo contro. Anche perché queste regionali sono l'anticamera delle prossime politiche e possono condizionarne il mood a cominciare dalla prima tappa, cioè le Marche, la regione sulla carta più contendibile, che rischia di dare il segno all'intera tornata. Sui dati delle regionali i partiti affineranno anche le strategie per le politiche. Faranno pure i calcoli sui pro e i contro di una nuova legge elettorale. Dobbiamo sbrigarci a farla - confida il forzista Giorgio Mulè - altrimenti perdiamo tutti collegi del Sud. Alla sinistra, per altri versi, il proporzionale con premio di maggioranza - il sistema di cui si parla - potrebbe anche andar bene perché darebbe la possibilità ai partiti del composito campo largo di fare ognuno la propria campagna elettorale in piena libertà senza porsi il problema di convincere l'elettorato degli alleati come avviene nei collegi uninominali. E la Meloni? Deve valutare.

"Di certo - osservava tempo fa Francesco Filini, un parlamentare di Fdi molto ascoltato a Palazzo Chigi - se si va con il proporzionale noi non saremmo costretti a dare i nostri voti agli alleati nei collegi e si stabilizzerà la nostra egemonia sul centro-destra sia in caso di vittoria che di sconfitta. La politica è una scienza esatta".

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