Politica

Ora Di Battista arruola i peones 5s per prendersi la guida del Movimento

Scontro con l'ala governista: l'ex deputato trama con Casaleggio

Ora Di Battista arruola i peones 5s per prendersi la guida del Movimento

A più di qualcuno, nella maggioranza «governista» del M5s, la doppietta Di Battista-Casaleggio è sembrata un'azione perfettamente coordinata. Tutto comincia giovedì, quando Alessandro Di Battista comincia a picconare in un'intervista a Piazzapulita su La7. Segue Davide Casaleggio, che prende i primi provvedimenti. Sospese otto funzioni di Rousseau, disdetto l'affitto per parte degli uffici di Milano, rinviato l'appuntamento del villaggio Rousseau previsto per il 4 ottobre. E ancora Dibba, ad Accordi e Disaccordi sul canale Nove, torna a parlare di un M5s debole e dice di essere rimasto fuori dal governo per colpa di un presunto veto del Pd. Si dice che Di Battista si sarebbe proposto per i dicasteri dello Sport e degli Affari Europei. Allora i dem a quel punto, sostiene l'ex deputato romano, avrebbero chiesto anche la presenza di Maria Elena Boschi nel nuovo esecutivo.

Ma la realtà è più complessa. Di sicuro tra i due ci sono diversi punti di contatto. In primis, a entrambi non è andato mai giù l'accordo con il centrosinistra, men che meno un'alleanza organica con Nicola Zingaretti e soci. Esiste anche una consuetudine personale, perché Dibba, estraneo al M5s capitolino delle origini, è una creatura politico-mediatica di Gianroberto Casaleggio. E poi ci sono le contingenze che li portano a stare dalla stessa parte. Tutti e due vogliono evitare un direttorio bis. Di Battista perché saprebbe di essere in perenne minoranza in un organismo collegiale, Casaleggio non vorrebbe cambiare lo Statuto che certifica un'osmosi tra lui e la struttura politica del Movimento. Il guru, inoltre, per mantenere intatta la sua influenza preferirebbe rapportarsi con un solo leader. Preferibilmente non ostile. Ed ecco che uno scenario con Di Battista capo politico sarebbe l'ipotesi ideale.

Il disegno, al momento, appare di difficile realizzazione. Di Battista ha fatto sapere che se non prevalesse la sua linea sarebbe costretto a lasciare il M5s. L'obiettivo è di arrivare a uno scontro agli Stati Generali, fino a convincere il correntone Di Maio-Fico ad andare al voto su Rousseau per un nuovo capo. Dibba confida in un plebiscito degli attivisti, ma la maggior parte dei parlamentari pensa che la sua pistola sia scarica. L'unica arma dell'ex deputato per raccogliere consensi tra i peones è l'opposizione alla modifica della regola sul doppio mandato. È questa la partita di Di Battista, che sta contattando tutti i «giovani» alla prima legislatura. Infatti è convinto che il varo della segreteria politica serva da grimaldello ai big per cancellare lo stop dopo i due mandati. E togliere di mezzo la piattaforma eviterebbe un voto degli attivisti sulla regola. Perciò l'ex parlamentare ripete ai suoi che «bisogna difendere Rousseau e il limite del doppio mandato».

Intanto dal fronte «governista» studiano una soluzione che sembra quasi un modo per mettere alla porta Casaleggio. Tra i deputati e i senatori circola una lettera che punta a far diventare il figlio del cofondatore un «fornitore di servizi puro». Poco più di 20 eletti hanno firmato il documento, ma i numeri potrebbero aumentare. Il testo è stato sottoscritto anche dal sottosegretario Carlo Sibilia e dai deputati vicini a Roberto Fico Giuseppe Brescia e Luigi Gallo. Uno dei firmatari dice al Giornale: «Ci sono troppi limiti e incongruenze nel fatto di avere un'associazione che detiene i nostri iscritti e gestisce in modo strano il rapporto tra il M5s e l'associazione». I promotori dell'iniziativa spiegano: «O Casaleggio accetta il compromesso oppure esce dal M5s». E Fico non sembra troppo turbato dall'eventualità di un addio del presidente dell'Associazione Rousseau.

Una scissione? «Non sono preoccupato», dice.

Commenti