Dopo la stagione del Terrore, la fase del Direttorio. Grillo, «un po' stanchino, come direbbe Forrest Gump», simula un passo indietro per dimostrare che nel M5S non comandano solo lui e Casaleggio (e il figlio Davide), e nomina cinque fedelissimi («talebani») che prenderanno il comando, con lui «garante» del movimento. Un «colpo di mano» così commentano nel M5S spaccato - che passa dal solito voto-farsa in Rete (qualche ora di votazione, nessuna discussione, 37mila votanti su 100mila aventi diritto, maggioranza bulgara al 91%, i clic certificati dallo stesso Grillo) per imporre i prediletti di Casaleggio: Di Battista, Di Maio, Fico, Ruocco e Sibilia. Nessuno sa che ruolo avranno, quali deleghe, quali poteri sugli altri «cittadini portavoce», i parlamentari (solo un vago «opereranno come riferimento più ampio del M5S in particolare sul territorio e in Parlamento»). In serata hanno pubblicato lo stesso messaggio sul web: «Grazie a tutti. Sentiamo sinceramente il senso di responsabilità. Costruiremo tutti insieme il futuro del Paese. E sarà bellissimo». La convinzione diffusa è che Grillo non delegherà nulla, nessuna decisione che conti, ma che nominando un' élite grillina di fedelissimi mandi un messaggio a tutti: chi si mette contro questi è fuori (non a caso Artini si era messo contro i talebani). Creando, tra l'altro, enormi rancori negli altri fedelissimi alla ditta Grillo&Casaleggio (come Crimi, o la Taverna) che si vedono scavalcati: perché loro e non noi? Ma più di tutto nella base, e in una fetta stavolta enorme di eletti, che non si riconosce più nel M5S. Il movimento che doveva essere aperto, orizzontale, dove uno vale uno, si chiude su se stesso, in un bunker protetto dai pretoriani. E nomina di fatto dei coordinatori, come nei partiti, da cui M5S voleva distinguersi. Il tutto in un clima da guerra civile. «Siamo a un punto di rottura insanabile, da parte di Beppe non c'è la volontà di sanarlo, per lui contano solo i clic sul blog», spiega uno dei consiglieri comunali toscani che - in una cinquantina - hanno asserragliato la villa di Grillo, a Marina di Bibbona, dopo l'espulsione-blitz, con un voto farsa, dei deputati Artini e Pinna. Grillo non voleva neppure aprire il portone, addirittura farli sgombrare dalla polizia, poi li ha ricevuti (sul cancello). E lì hanno trovato un leader autistico, incapace di vedere la realtà: «Va tutto bene, siamo al 20, siamo al 20», continua a ripetere ai parlamentari e consiglieri M5S sconvolti dalla deriva autoritaria, con un leader chiuso nel suo bunker. «Il flusso di clic sul blog va bene..., io mi fido di Gianroberto, mi fido di quello che dice lui» ripete Grillo. Che poi aggiunge: «L'assemblea dei parlamentari non avrebbe votato l'espulsione (di Artini e Pinna, ndr ), e quindi lo abbiamo fatto sul blog», dice il comico, ammettendo implicitamente due cose: sapeva che sul blog sarebbero prevalsi i sì all'espulsione; le regole del M5S, quando non gli garbano, si possono sorvolare.
La rivolta si ingrossa, una ventina di deputati M5S sono pronti formare un nuovo gruppo, prima che arrivi l'espulsione anche per loro. Dietro l'hashtag #Beppequestavoltanoncisto si dissociano dal leader 10 deputati tra cui il capogruppo Alessio Villarosa (che dovrà controfirmare le ultime espulsioni), e sull'elezione del Direttorio scrivono: «Ho votato NO e spero che tutti gli iscritti al portale votino NO». Il M5S in Toscana, terra di Artini, prepara azioni eclatanti. Le dimissioni dai gruppi consiliari nei comuni (sono 180 gli eletti), e poi l'invio a Grillo, in una busta, del simbolo M5S.
Ma ora l'attenzione è puntata sul sindaco Pizzarotti e la sua convention del 7 dicembre a Parma. Una «scuola di formazione» che, con la rivolta in corso e le adesioni di molti dissidenti, rischia di trasformarsi in un congresso dei grillini anti Grillo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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