«Condanniamo qualsiasi attacco contro i giudici o il sistema giudiziario». È l'unica frase sul processo a Donald Trump, pronunciata a nome dell'amministrazione americana fino alla serata di ieri, strappata in un briefing stampa alla portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre. Poco prima, era arrivato l'annuncio della visita, dall'11 al 14 aprile, del presidente Joe Biden nel Regno Unito, in Irlanda del Nord e nella Repubblica d'Irlanda, segno del suo impegno internazionale. Per il resto: nessuna dichiarazione, nessun commento, nessun tweet sull'arresto del leader repubblicano.
Joe Biden tace sul caso giudiziario e politico dell'anno, anzi del secolo, dopo che per la prima volta nella storia un presidente - ex - degli Stati Uniti è stato incriminato, arrestato e poi rimesso in libertà martedì, il 4 aprile, davanti agli occhi del mondo. Il capo in carica della Casa Bianca non parla, nonostante sia stato tirato per la giacchetta nel discorso pronunciato dal suo predecessore dalla Florida, alla fine della giornata trascorsa a New York fra impronte digitali e capi d'accusa. «Biden vuole la Terza guerra mondiale», ha detto Trump. «Quando era senatore ne ha combinate di tutti i colori, ma nessuno lo ha arrestato».
Il silenzio è la strategia del vecchio Joe, resa chiara già dal giorno dell'udienza quando, sollecitata sull'argomento, la portavoce della Casa Bianca ha spiegato che «ovviamente» Biden avrebbe seguito le notizie sull'arresto dell'ex sfidante repubblicano, ma anche che «l'attenzione del presidente non è su Trump ma sul popolo americano». L'idea, insomma, è di lasciare che il ciclone giudiziario investa The Donald, senza nulla aggiungere, godendosi anzi lo spettacolo del rivale nella polvere, evitando di infierire, con il rischio di qualche scivolone, e mantenendo un proprio profilo istituzionale. La speranza è che le inchieste, non solo il caso apertosi a Manhattan, logorino definitivamente l'avversario. E se così non fosse, se la bufera giudiziaria avvantaggiasse Trump nella nomination in campo repubblicano, in vista della corsa alla Casa Bianca del 2024, alla fine, anche in questo caso, Biden potrebbe esserne addirittura avvantaggiato. Le sue quotazioni salirebbero ancora, come unico possibile candidato in grado di sconfiggere, di nuovo, il tycoon.
Il punto - lo ha ricordato ieri il New York Times - è che «Biden ha lo Studio Ovale, ma Trump ha il centro della scena». L'uomo più potente del Paese in queste ore viene oscurato dall'uomo che vuole tornare a sfidarlo, per tornare a essere lui il numero uno d'America e del mondo. Prima del 2024, potrebbero esserci altre giornate come il 4 aprile o giù di lì, in cui Trump scipperà i riflettori. Non è tutto. La media dei sondaggi sui livelli di «approvazione» di Biden dice che in questo momento si trova al 43%, con il 52% che disapprova il suo operato. Il punto più basso Biden lo aveva raggiunto tra maggio e luglio dell'anno scorso, quando arrivò al 36%. È risalito grazie alla diminuzione dell'inflazione e alla crescita dell'occupazione, che resta ancora forte e stabile. I rischi lungo la via, però, non mancano. C'è una crisi internazionale in corso, ci sono le sfide poste dalla Russia e dalla Cina, le loro conseguenze economiche e il timore che la guerra in Ucraina diventi sempre più insostenibile per gli elettori americani, con l'avvicinarsi dell'appuntamento elettorale. Biden oggi ha 80 anni e l'idea, quando si candidò nel 2020, era di passare il testimone alla sua vice, Kamala Harris, nel 2024, anche a causa dell'età. Trump di anni ne ha 76.
Le prossime presidenziali sarebbero il bis del 2020, la sfida della rivincita, anche dal punto di vista anagrafico per i due big, entrambi aiutati dalla polarizzazione dello scontro. Biden tace, per ora, e lascia che siano le procure a sfibrare il rivale. In cuor suo, confida nella tesi di un moderno Machiavelli italiano, Giulio Andreotti: il potere logora chi non ce l'ha.
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