Ora Israele prova a scaricarci gli immigrati che non vuole

Netanyahu annuncia un'intesa con l'Onu per spedirci una quota di 16mila africani. Roma nega, lui: «Era un esempio»

Un compromesso senza precedenti. Così il premier israeliano Benjamin Netanyahu definisce l'accordo in base al quale 16.250 sudanesi ed eritrei, qualificati come «migranti economici» e «infiltrati illegali» dal governo di Gerusalemme, saranno allontanati dal territorio israeliano e accolti da «Paesi sviluppati» occidentali disponibili. Netanyahu ne cita tre: uno è l'Italia, gli altri sono la Germania e il Canada.

Ieri sera, però, mentre dal centrodestra già fioccavano proteste e richieste di chiarimenti, il ministero degli Esteri italiano ha smentito l'esistenza di un accordo di questo tipo che ci riguardi. Poco dopo, seguiva analoga smentita da Berlino. A quel punto Netanyahu si è trovato costretto a precisare che i tre Paesi occidentali citati «erano solo degli esempi», forse scelti per le loro peculiari caratteristiche: il Canada e l'Italia per la notoria disponibilità verso i migranti anche «economici», la Germania per il particolare rapporto di debito storico verso Israele.

Rimane il fatto che il compromesso di cui ha parlato Netanyahu non è stato raggiunto con i governi dei tre Paesi citati, bensì tra il suo governo e l'Unhcr, l'agenzia dell'Onu per i rifugiati. Che si sarebbe impegnata a organizzare e finanziare i trasferimenti in Occidente in cambio dell'impegno israeliano a concedere a un numero equivalente di immigrati lo status di residenti temporanei in Israele, ma che ieri sera ha a sua volta precisato che «nell'intesa con Israele non è indicato alcun Paese a cui inviare i migranti. Questo dipenderà da accordi successivi che faremo con ogni singolo Paese che sia disposto ad accoglierli. Non c'è nessun accordo con l'Italia. Ci sono alcuni casi di persone con parenti in Italia e che, dopo un accordo con il governo italiano, potrebbero essere riunificati con le famiglie».

Nel gennaio scorso il premier israeliano aveva annunciato che il problema rappresentato da circa 38mila immigrati irregolari africani, insediatisi in un'area della periferia di Tel Aviv denominata «Little Africa», sarebbe stato risolto rispedendoli nel continente di provenienza. A partire dal 4 febbraio Netanyahu, riconoscendo che il Sudan e l'Eritrea sono Paesi che non danno adeguate garanzie umanitarie ai propri cittadini emigrati, aveva fatto notificare agli immigrati un'alternativa secca: lasciare volontariamente Israele entro la fine di marzo oppure rischiare il carcere.

Secondo fonti di organizzazioni umanitarie, il premier israeliano contava di trasferire gli immigrati in Paesi africani come l'Uganda e il Ruanda: una decisione che aveva suscitato proteste in ambienti politici e della cooperazione, oltre che dei sopravvissuti all'Olocausto secondo cui Israele avrebbe doveri particolari nei confronti dei migranti. C'era inoltre da registrare la sostanziale chiusura da parte dei due Paesi africani, che avevano rifiutato di far immigrare persone contro la loro volontà. Inoltre, il 15 marzo la Corte Suprema israeliana aveva sospeso il piano del governo, riservandosi di esaminarlo. A quel punto è sopravvenuta l'intesa con l'Unhcr.

La notizia del presunto arrivo in Italia di altre migliaia di immigrati dall'Africa ha suscitato immediate reazioni negative nel centrodestra. Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, si dice sbigottito e chiede che il Parlamento si opponga subito. «Semmai - dichiara - bisogna chiedere che altri prendano profughi approdati in Italia».

Per il vicepresidente leghista del Senato Roberto Calderoli «non se ne parla neppure di prenderci una quota dei 16mila immigrati clandestini africani che Israele sta per espellere dal suo territorio. Ma ci siamo dimenticati che l'Italia ha già 600mila clandestini da espellere?».

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