Se è vero che, come diceva il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach, siamo quello che mangiamo, noi italiani lo siamo un po' di più. Non perché mangiamo di più ma perché la nostra identità ha spesso il tovagliolo al collo. Da ieri, poi. Ieri l'Unesco, la simpatica combriccola di parrucconi che si ritrovano a Parigi per decidere che cosa sia culturalmente rilevante e che cosa no, ha deciso che sì, la pizza, il piatto più popolare al mondo, è degno di tutela. In realtà i menbri del comitato per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale riunito sull'isola di Jeju in Corea del Sud, ha obliterato la candidatura italiana, supportata da oltre due milioni di firme raccolte in tutto il mondo, per «l'arte del pizzaiuolo napoletano», con ciò riconoscendo non tanto il piatto in sé quanto l'insieme di tecniche, tradizioni, gesti e rituali che sono legati al piatto popolaresco per eccellenza.
Una decisione che naturalmente ieri è stata celebrata in mille giubili differenti e un po' tutti uguali, di associazioni, sindaci, amministratori, politici, ministri, pizzaiuoli, che vi risparmiamo. Ma che ha in realtà un valore importante soprattutto perché stabilisce una volta per tutte che la pizza è una e italiana. Una cosa che noi diamo per scontata ma che scontata in giro per il mondo non è. «Questo riconoscimento - spiega Enzo Coccia, uno tra i più famosi maestri pizzaiuoli napoletani, titolare della Notizia - evita anche il rischio scippo da parte degli americani, che avevano già annunciato la volontà di candidare la pizza american-style». Meno ananas più mozzarella.
L'impatto sulla felicità è immediato e filante. Quello economico seguirà. «Con un sigillo mondiale sul fatto che la pizza è frutto non solo di ingredienti ma anche di una specifica tecnica, di codici particolari, di una artigianalità dedicata, questo piatto non potrà essere più intaccato da uno sfruttamento selvaggio a fini commerciali», dice sollevato Antimo Caputo, produttore di farime. Naturalmente le pizze continueranno a essere prodotte in tutto il mondo in versioni che i napoletani aborrirebbero. Ma almeno ora esiste una sanzione formale che trattasi di «falsi», alle volte nemmeno d'autore.
La pizza in quanto tale, in quanto semplice alimento (semplice si fa per dire) è tutelato in ambito europeo sin dal febbraio 2010 come Stg (Specialità tradizionale garantita).
Il disciplinare prevede che la «pizza napoletana Stg», con «dicitura esclusivamente in lingua italiana», è una «preparazione alimentare costituita da un supporto di pasta lievitata, condita e cotta in forno a legna» che ha come ingredienti «farina di grano tenero tipo 00 con l'eventuale aggiunta di farina tipo 0, lievito di birra, acqua naturale potabile, pomodori pelati e/o pomodorini freschi, sale marino o sale da cucina, olio d'oliva extravergine» a cui si può aggiungere a seconda della tipologia: basilico fresco, mozzarella di bufala campana Dop per la «Margherita Extra», mozzarella Stg o fior di latte Appennino meridionale e basilico fresco per la Margherita e aglio e origano per la «marinara». E ora, provate a dire ancora: che pizza!- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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