Ora Parigi sogna il sorpasso su Los Angeles Ma l'Occidente diserta la maledizione a 5 cerchi

Prima di Rio summit del Cio: allarme per la mancanza di candidature. Il nodo dei costi

Giuseppe Marino

Roma L'importante non è vincere, ma non partecipare. Le future Olimpiadi svogliate aggiornano De Coubertin. E la pratica è ben presente anche ai papaveri del Comitato olimpico internazionale, dominus della manifestazione che realizza ogni sogno infantile di gloria sportiva. A pochi giorni dalla cerimonia inaugurale di Rio 2016, i componenti del Cio si sono riuniti a Montecarlo proprio per discutere della maledizione che li ha colpiti e che ne minaccia il futuro: non gli scandali finanziari, non il «doping legalizzato» degli atleti simbolo, non i ritardi delle macchine organizzatrici. A spaventare il gotha mondiale dello sport è il calo del desiderio.

Il primo schiaffo all'edizione 2024 è arrivato da Toronto. A settembre dello scorso anno il sindaco John Tory ha confermato che la sua città non ci avrebbe nemmeno provato: «Almeno non questa volta, in futuro vedremo». Dietro la pronuncia il voto contrario del comitato per lo sviluppo della città. A novembre è toccata ad Amburgo, dove a decidere è stato un voto popolare. Il comitato NOlympia, con radici a sinistra, ha sconfitto il sindaco che tifava per la scommessa a Cinque cerchi, ottenendo un 52% di contrari. E anche a Boston un movimento d'opinione ha vinto la battaglia contro la candidatura avanzata dal governo degli Stati Uniti: in pochi mesi i favorevoli nei sondaggi sono crollati dal 54 al 38%. C'è già chi parla di Giochi maledetti, ma il vero problema del Cio è che non si tratta di un'eccezione. Anche per l'edizione invernale del 2022 il postino ha recapitato una lunga serie di «no, grazie», da Olso a Cracovia, tanto che il cerchio dei potenziali candidati si è ridotto da nove a due, la kazaka Almaty e Pechino, che alla fine ha vinto, nonostante non sia propriamente una località sciistica.

Per il 2024 restano in pista Budapest, dove i favorevoli sono crollati al 41% e per evitare un referendum è scesa in campo la corte di giustizia, e Parigi, oltre a Los Angeles che ha rimpiazzato Boston in extremis ed è partita in quarta a colpi di spot con i vip che vivono in città, da Kobe Bryant a Will Ferrell. Nella capitale francese il sindaco Anne Hidalgo si è rivolta ai candidati presidenziali appellandosi all'unità nazionale. I bookmaker, che avevano già depennato le scommesse su Roma, danno i francesi per favoriti e dopo l'ufficialità del gran rifiuto di Virginia Raggi hanno abbassato le quote di Parigi.

Resta il fatto che in Occidente le voci critiche si sono fatte sempre più forti ed ecco perché avanzano le candidature di Paesi dove le polemiche contro le scelte dei governi sono silenziate a comando. I Radicali avevano raccolto le perplessità degli economisti in un dossier sull'esplosione dei costi organizzativi, sistematicamente aumentati, anche se non si è mai ripetuto il record di Montreal 1976: +796% rispetto alle previsioni.

Molti economisti puntano il dito sul modello organizzativo, un monopolio gestito dal Cio. Più sono le candidature, più il Comitato detta le condizioni.

Nel 1984 Los Angeles, unica in lizza, si potè imporre al Cio e tagliò al minimo i finanziamenti pubblici, affidandosi ai privati. Il Cio è avvertito. E a Monaco ha presentato un piano, Agenda 2020, per rendere più facili le candidature. Ma potrebbe non bastare a neutralizzare la maledizione.

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