A poche ore dal voto nessuno se la sente di affossare gli alleati di governo già provati dal voto in Emilia Romagna e in Calabria. Anche perché si vuole evitare che il M5s sconfitto punti i piedi su temi identitari. Ma lontano dai riflettori il Partito democratico dà per scontata una sterzata e a farne le spese potrebbero essere Quota 100 e reddito di cittadinanza. Misure poco amate dai dem.
A favore di un cambio di passo, anche il gradimento espresso dai mercati per i risultati del voto con un calo dello spread (146 contro i 157 di venerdì) che non si può spiegare solo con la sconfitta della Lega. A Piazza Affari il FseMIb ha chiuso a -2,3%, ma solo per i timori sul Coronavirus.
Un assaggio del nuovo corso si è avuto già ieri all'incontro di tra i sindacati e il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo (M5s) sulle pensioni. Le organizzazioni dei lavoratori hanno capito che senza il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri (Pd) si fa poca strada.
Il governo ha prospettato una riforma strutturale che sostituisca Quota 100 con nuovi requisiti, flessibili ma meno generosi. L'impronta Pd emerge dalla possibilità emersa chiaramente della fine anticipata di Quota 100. Non a fine 2021, ma già alla fine di quest'anno, come prospettato dal sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta (Pd). «Dipende dalle risorse e da come traghettare quota 100 garantendo una flessibilità per tutti», ha spiegato Catalfo.
La riforma è condizionata dalla disponibilità di risorse. Catalfo non ha fatto cifre. Il ministero dell'Economia, aveva già chiarito che il saldo delle nuove misure dovrà comunque essere zero, o quasi.
Ieri è stato avviato un percorso di confronto che assomiglia molto alla concertazione, che non è esattamente nel dna dei pentastellati. Tavoli tecnici su cinque temi (flessibilità, giovani, incapienti, pensioni in essere, secondo pilastro) per arrivare nel giro di qualche mese a una riforma condivisa. «L'obiettivo è inserire tutto nella Nadef, e quindi a settembre, per farla partire nella legge di bilancio».
Metodo apprezzato dai sindacati. «Non c'è stato alcun volo pindarico. La riforma della Fornero si può fare se ci sono i soldi per farlo», ha spiegato il leader della Uil Carmelo Barbagallo
«Finalmente parte il confronto - ha detto il segretario generale aggiunto Luigi Sbarra al termine dell'incontro al ministero del Lavoro - e si può passare dalle parole ai fatti». Un «confronto serio e importante» per il leader della Cgil Maurizio Landini.
Possibile che alla fine la riforma della pensioni si leghi a quella delle aliquote Irpef, alla quale il premier Giuseppe Conte ha affidato il rilancio del suo governo. Dopo il primo assaggio - il taglio del cuneo fiscale, (in realtà è stato un rafforzamento del bonus Renzi da 80 euro) - arriverà la nuova Irpef. Anche in questo caso si tratta di una riforma che il ministero dell'Economia vuole fare praticamente a costo zero. Servirà a poco l'aumento della pressione fiscale sui redditi più alti annunciata dallo stesso Gualtieri.
Più facile che una parte delle risorse arrivi dalla riforma del Reddito di cittadinanza alla quale ha fatto cenno lo stesso ministro giorni fa. Era un tabù, ma con il voto di domenica diventa una possibilità concreta.
E si cominciano già a fare ipotesi: trasformare il reddito in una misura legata al lavoro e coprire la parte assistenziale (che è preponderante nel Rdc versione attuale) nella riforma dell'Irpef, prevedendo un bonus per gli incapienti, i redditi sotto la no tax area.
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