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Ora Salvini fa il responsabile "Se ci stiamo, nostri ministri"

Svolta leghista: "Ascoltiamo Draghi e poi valuteremo. Ma mi piacerebbe un governo con dentro tutti..."

Ora Salvini fa il responsabile "Se ci stiamo, nostri ministri"

Compromesso storico? La foto di Salvini imbavagliato sotto la stella delle Brigate rosse, come un novello Aldo Moro, al di là della violenza dell'immagine e dell'abissale lontananza tra lo statista democristiano e il segretario della Lega, segna quanto il sostegno al governo Draghi sia percepito come un momento di rottura nella storia della Lega, così come un avvenimento da studiare nella vita del Paese.

Momento inaccettabile da parte di chi crede nella politica come contrapposizione, auspicato da chi è convinto che l'unità nazionale sia un bene da tutelare anche a costo di cedere qualcosa, soprattutto tra i venti di una crisi epocale. Salvini, pronto a portare il proprio partito al governo, preferisce pensare al dopoguerra, quando negli esecutivi «c'erano tutti, dopo ognuno ha ripreso la sua via». In ogni caso sembrano passati secoli dalle ampolle sul Po.

È la prima volta che Salvini si troverà faccia a faccia con Mario Draghi e oggi andrà in delegazione per le consultazioni con il capogruppo della Camera, Riccardo Molinari, e del Senato, Massimiliano Romeo. C'è stata una telefonata preparatoria tra Salvini e Draghi, qualche giorno fa, dopo i contatti con il vice presidente del partito, Giancarlo Giorgetti, che vanno avanti dal 1996. Salvini, che da tempo si è attivato per condividere i colloqui importanti che aveva delegato a Giorgetti, ne ha accettato anche i consigli. Già in passato il segretario leghista aveva fatto ventilare la possibilità che Mario Draghi sedesse a Palazzo Chigi e alla vigilia delle consultazioni con il presidente del consiglio incaricato, fa dichiarazioni ecumeniche. «Mi piacerebbe che ci fossero tutti, questo è un momento tale per cui serve l'energia di tutti» ha detto, pur sapendo che Giorgia Meloni, almeno al momento, si è sfilata nel nome di un «mai con Pd e 5stelle» che somiglia al «mai con i sovranisti» di Leu e anche di qualche esponente del Pd. «Chi sono io per dire tu no?» replica ora Salvini a chi vorrebbe mettere veti.

«Draghi non è certo Monti» dicono ai vertici della Lega e l'aver affrontato a testa alta la Germania è motivo di compiacimento tra i lumbard. La linea con cui Salvini si presenterà a Draghi, in questo primo incontro conoscitivo, è che la scelta della Lega sarà chiara, «o nel governo con i ministri o all'opposizione», senza posizioni intermedie che potrebbero confondere gli elettori. Fonti vicine al segretario fanno sapere che l'aspetto più importante sarà l'ascolto di ciò che Mister Euro proporrà alla Lega. L'attesa è un secondo giro di consultazioni. Il partito ha le orecchie aperte al punto che anche i professori Alberto Bagnai e Claudio Borghi hanno eliminato il loro pollice verso a Draghi. Basterà? Si avverte la tensione dei momenti di svolta.

Massimiliano Romeo, presidente dei senatori, racconta gli umori del partito: «È una scelta importante e delicata perché entrare in un governo in cui ci sono anche forze antitetiche non è una questione di poco rilievo. È giusto che si approfondiscano bene tutti gli aspetti. Come ha ribadito Salvini, la scelta sarà un sì o un no. Se è un sì, significa entrare a pieno titolo con propri ministri. Noi andiamo a sentire che cosa propone il presidente incaricato senza pregiudizi, con rispetto. Poi si prenderanno le decisioni».

Se l'ex ministro Roberto Castelli vede Salvini in difficoltà a governare col Pd, Giorgetti, il primo a escludere l'astensione, si spinge in senso opposto: «Dopo l'appello all'unità nazionale del Quirinale, se si volesse far nascere un governo senza la Lega mi sembrerebbe un governo zoppo».

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