Ora Trump incalza Putin: "Tregua entro 12 giorni"

Il tycoon perde la pazienza: "Continua a bombardare, non voglio più parlargli". Pronte sanzioni durissime

Ora Trump incalza Putin: "Tregua entro 12 giorni"
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Che il pallino fosse in mano a Trump era evidente da tempo. Che il presidente degli Stati Uniti sia volubile e cambi idea un giorno sì e un giorno pure, anche. Ma è anche chiaro che l'uomo Donald non ami farsi prendere per i fondelli. E così, dopo trattative, fughe in avanti, retromarce, dichiarazioni roboanti e frasi e atteggiamenti di dubbio gusto, forse, si è arrivati a una svolta: Donald Trump si è stufato di Vladimir Putin ed è pronto alla svolta nella guerra in Ucraina. "Non c'è ragione per aspettare ancora, non ho visto progressi. Darò un'altra scadenza, 10-12 giorni da oggi. Non mi interessa più parlare con Putin. Avevamo avuto una conversazione molto franca, poi i bombardamenti sono continuati". Niente più 50 giorni: l'ultimatum alla Russia si fa più breve e stringente e mette Putin spalle al muro.

Una cambio di rotta, l'ennesimo da parte di Trump ma che finalmente potrebbe essere decisivo. Dalle lusinghe allo zar, al maltrattamento di Zelensky in diretta mondiale fino ad arrivare a oggi, il tycoon ha evidentemente perso la pazienza perché al di là di parole, slogan e bugie, dal Cremlino non è arrivato nulla se non missili, bombe, droni e stragi quotidiane in Ucraina. Ora, senza un improvviso quanto inaspettato cambio di rotta, è pronto un colpo fortissimo contro la Mosca, quelle sanzioni tanto minacciate e finora mai arrivate che colpirebbero al cuore la Russia. Dazi ma soprattutto sanzioni secondarie, quelle che colpirebbero non solo Mosca ma chiunque in maniera diretta o indiretta chiunque faccia affari con Mosca, compresi quei paesi che ancora, per esempio, acquistano gas e petrolio dalla Russia. "Non voglio fare questo alla Russia. Amo il popolo russo, è un popolo fantastico", ha detto Trump aggiungendo però che si tratta di "una guerra davvero sanguinosa e un accordo va trovato in fretta, stanno morendo così tante persone".

Una presa di posizione finalmente chiara e netta, accolta ovviamente con favore da Kiev, che ribadisce come Putin risponda solo a segnali di forza, mentre il Cremlino accusa Washington di ricorrere al ricatto anziché alla diplomazia. Del resto la posizione di Mosca non si sposta di un millimetro: "Insistiamo su quelle che sono le nostre legittime richieste", ha ribadito il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, chiedendo ancora una volta che le regioni ucraine parzialmente occupate vengano riconosciute come russe, che Kiev non entri nella Nato e venga smilitarizzata riducendola, di fatto, a uno Stato fantoccio. E così, sfruttando il momento, Erdogan torna a candidare la Turchia come Paese in cui imbastire un vero tavolo negoziale.

Ma nel frattempo il conflitto non di ferma. Dopo l'ennesima notte in cui la Russia ha seminato morte e terrore su diverse città ucraine, Mosca rivendica la conquista di altri due villaggi nella regione orientale del Donetsk, Bojkivka e Belhijka. Il ministero della Difesa ucraino invece celebra la liberazione di Kindrativka, snodo chiave della regione di Sumy, dove la battaglia sul campo si sta facendo sempre più dura.

In attesa della tanto agognata svolta che potrebbe portare finalmente un cessate al fuoco credibile. A meno che l'inquilino della Casa Bianca non cambi ancora idea, proprio ora che sembra aver messo in atto lo scatto decisivo per mettere Putin all'angolo.

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