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Gli "orfani" della Cartabia non ci stanno. "Si mettono a rischio i fondi europei"

Il giurista ha partecipato alla stesura del testo: "Si poteva intervenire solo sui due articoli critici". Ma ammette: "Potevamo scriverli meglio..."

Gli "orfani" della Cartabia non ci stanno. "Si mettono a rischio i fondi europei"

«Il nuovo Parlamento e il nuovo governo hanno il pieno diritto di compiere scelte in tema di giustizia coerenti con la loro visione. La premier dice che erano state segnalate due criticità della riforma Cartabia. Può essere. Ma perché allora si è scelto di rinviare di due mesi l'entrata in vigore dell'intera riforma del processo penale? Tecnicamente era del tutto possibile. Così si mettono a rischio i fondi del Pnrr».

Gianluigi Gatta, ordinario di diritto penale in Statale, è uno dei giuristi che hanno materialmente scritto la riforma Cartabia. Ieri ha ascoltato in diretta la Meloni e il neoministro Carlo Nordio annunciare il rinvio di due mesi dell'entrata in vigore della riforma.

Nordio dice di avere ricevuto il grido di dolore di tutti i procuratori generali d'Italia. Se il 2 novembre fosse entrata in vigore la riforma, il sistema giudiziario sarebbe andato in tilt.

«Potrei obiettare che la riforma è stata pubblicata il 2 agosto, tre mesi fa, e per affrontare le eventuali criticità si poteva forse partire prima. Ma mettiamo anche che si volesse venire incontro al grido di dolore. Si poteva sospendere l'efficacia dei due articoli, e andare avanti col resto: con la giustizia riparativa, le pene sostitutive. Era la più importante riforma del sistema penale da trent'anni. Adesso si ferma tutto».

Solo per due mesi.

«In realtà il decreto Nordio apre la possibilità che in Parlamento, in sede di conversione, vengano presentati e approvati emendamenti che vanno a incidere sulla sostanza della riforma».

Teme che la nuova maggioranza snaturi lo spirito della Cartabia?

«Non sono preoccupato. Ognuno ha le sue visioni, li giudicheremo da quello che faranno. Ma bloccare tutto vuol dire esporsi nei confronti dell'Europa: che non ci chiede una riforma qualunque ma questa riforma».

Il premier dice che se non si fosse intervenuti sarebbero usciti dal carcere un grande numero di detenuti accusati di reati di una certa gravità, e che questo sarebbe stato un segnale «diametralmente opposto» a quello che il nuovo governo vuole dare. Non è così?

«Stiamo parlando del punto della riforma che rende alcuni reati, tra cui il furto aggravato, procedibili solo a querela di parte. C'è però una norma transitoria che concede novanta giorni di tempo alle vittime per depositare la querela».

Ma nel frattempo, se non sono stati ancora condannati con sentenza definitiva, i detenuti sarebbero usciti, perché sulla loro carcerazione una norma transitoria non c'è.

«Su questo aspetto ci sono diverse interpretazioni, c'è chi sostiene che comunque per novanta giorni l'ordinanza di custodia mantenga efficacia, la interpretazione più diffusa è in effetti che diventi immediatamente nulla».

La norma l'avete scritta voi, non potevate chiarire anche questo aspetto? Non potevate scriverla meglio?

«Diciamo di sì. È fisiologico che in una riforma così complessa vi siano aspetti che alla prova dei fatti richiedono una correzione. Ma insisto: se questo era il problema allora perché non ci si è limitati a correggere il punto specifico ma si è bloccata per due mesi l'intera riforma?»

Nordio in conferenza stampa ha detto che lui come principio sulla procedibilità per alcuni reati solo se c'è la querela è d'accordo, e che il problema era solo l'impatto immediato.

«Lui ha anche detto di essere d'accordo con l'introduzione di pene sostitutive al carcere, che facevano parte anche del suo progetto. Ecco, le pene sostitutive sono un pezzo importante della riforma che oggi si decide di rinviare di due mesi e di esporre alle modifiche parlamentari. Certo esiste un tema di volontà politica che va rispettato. Ma ricordiamoci che eventuali modifiche devono essere concordate con l'Europa. Ci stanno monitorando.

Vogliono vedere non solo se la riforma si fa ma come si fa».

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