È sempre più allarmante la situazione nei territori strappati dall'autoproclamato Stato Islamico alla Siria e all'Iraq, dove la sorte dei cosiddetti infedeli - cristiani, iazidi, caldei ma anche musulmani sciiti - è spesso una morte brutale. Sarebbero già stati uccisi 15 dei circa 350 cristiani rapiti dai jihadisti nel nord-est della Siria. Lo ha denunciato l'archimandrita Emanuel Youkhana, il vescovo che lunedì scorso aveva riferito la drammatica notizia del rapimento. Quattro giorni fa Youkhana aveva parlato di 220 persone sequestrate a Tel Shamiram, ma che nel frattempo sono salite in seguito a ulteriori rapimenti nei villaggi vicini di Tel Jazira, Tel Gouran e altri più piccoli nella zona.
Il vescovo siriano ha spiegato che «molti dei quindici cristiani assassinati stavano difendendo i loro villaggi e le loro famiglie». Circolano voci estremamente allarmanti e non confermabili, secondo cui per oggi sarebbe prevista una esecuzione in massa di cristiani addirittura in una moschea, quella del villaggio sunnita di Bab Alfaraj. È certo, denuncia Youkhana, che nei 35 villaggi cristiano-assiri della regione «non c'è più nessuno», e che quasi tutti i rapiti sono tenuti prigionieri nella regione del monte Abdul-Aziz, sotto il controllo dei jihadisti.
Più prudente dell'archimandrita Youkhana, l'arcivescovo siro-cattolico Jacques Behnan Hindo non conferma «voci non verificate che parlano di omicidi sommari e di stupri commessi da jihadisti ai danni delle popolazioni cristiane aggredite» in Siria. A suo avviso «sono più di 250» gli abitanti assiri e caldei dei villaggi che risultano finiti in mani jihadiste. Monsignor Hindo rivolge critiche molto severe «agli Stati Uniti, alla Francia e ai loro alleati regionali»: parla di «politiche disastrose che hanno favorito l'ascesa di Daesh (l'acronimo arabo per Stato Islamico, ndr)» e riferendosi al progetto americano di riconquistare Mosul con le forze irachene e curde accusa: «Fanno errori strategici grotteschi, come l'annuncio della campagna di primavera per liberare Mosul e insistono con interventi irrilevanti, invece di riconoscere che hanno sostenuto i gruppi jihadisti che ci hanno portato nel caos e hanno distrutto la Siria, facendoci andare indietro di 200 anni».
Costantemente informato degli sviluppi in Medio Oriente, il Papa, che si trova da alcuni giorni ad Ariccia nei Castelli Romani impegnato negli esercizi spirituali, ha fatto sapere di essere preoccupato e di pregare per i cristiani rapiti in Siria. «Il Papa vive continuamente pensando a noi, pensando alla situazione dei cristiani e pensando alla situazione di tutta questa gente che soffre. È continuamente informato e la sua preghiera è sempre in sintonia con la sofferenza di questa gente e dei cristiani in particolare» ha detto il nunzio a Damasco, monsignor Mario Zenari. «Naturalmente - sottolinea Zenari - questi fatti causano paura, soprattutto nei gruppi minoritari che sono i più esposti, che sono sempre stati l'anello più debole della catena e questi fatti non aiutano per niente la fiducia nel futuro. Già da tempo la comunità cristiana vive in questa situazione di tensione e si può ben capire. Però direi che, al di là dei cristiani, tutta la gente ha paura di questi avvenimenti, soprattutto di quelli che accadano in queste zone sotto il controllo di questi jihadisti. Non solo i cristiani, ma tutta la gente teme, ha paura e se può scappa».
Ma i cristiani si sentono abbandonati dalla comunità internazionale? «Questa - spiega con termini
diplomatici l'«ambasciatore» del Vaticano in Siria - è un po' la percezione che vedo qui nella gente in genere e nei cristiani in particolare. Non vedono purtroppo risultati tangibili. E un po' si può capire questa lamentela».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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