Milano. Stop immediato ai ricoveri programmati e riduzione dell'attività ordinaria. Così, con una circolare del direttore generale Welfare, la Regione Lombardia sancisce ufficialmente la fine della «normalità» ospedaliera, e la Lombardia ripiomba nell'incubo dell'8 marzo. Le direttive sono state impartite improvvisamente ieri ai vertici delle Aziende sociosanitarie, degli ospedali, degli istituti di ricerca e cura pubblici e privati e delle case di cura. Indicazioni categoriche, firmate dal numero uno della Sanità lombarda Marco Trivelli, con l'obiettivo di ampliare i posti Covid. «Al fine di aumentare immediatamente la disponibilità di tali posti letto - si legge - l'attività di ricovero programmato presso le strutture non Hub viene sospesa con decorrenza immediata, assicurando la continuità dell'attività urgente e non procrastinabile». «Al fine di consentire la disponibilità di risorse strutturali (sezioni di degenza, ordinarie, semi intensive e intensive) e di risorse umane - prosegue la lunga lettera protocollata ieri - è purtroppo inevitabile tornare a ridurre l'attività programmata anche negli ospedali Hub continuando ad assicurare l'attività strettamente non procrastinabile e, quanto più possibile, quella clinicamente prioritaria e di specifica competenza della struttura».
«Nessun lockdown sanitario - spiega l'assessore Giulio Gallera - ma una rimodulazione organica e funzionale delle attività sanitarie negli ospedali lombardi. La rapida evoluzione epidemiologica e il conseguente aumento del numero dei ricoveri hanno determinato la necessità di un ampliamento della disponibilità dei posti letto Covid intensivi, per acuti e sub acuti, e delle degenze di sorveglianza».
La decisione di Palazzo Lombardia, resa necessaria dall'improvvisa recrudescenza della crisi sanitaria, riporta idealmente le «lancette» della drammatica vicenda Coronavirus alla mattina dell'8 marzo, quando fu adottata una delibera di giunta che rimodulava drasticamente le attività di ricovero ospedaliero sospendendo anche l'attività ambulatoriale - ad eccezione delle prestazioni non differibili - per recuperare medici e infermieri da impiegare sul nuovo, durissimo fronte dell'inaspettata emergenza.
Con quello «shock organizzativo», la sanità lombarda aveva accumulato un arretrato di circa un milione di prestazioni, che solo in parte sono state recuperate nei mesi scorsi, anche incentivando il graduale ritorno alla normalità nelle strutture sanitarie, e la cura di tutto ciò che era stato trascurato o rinviato. Le prestazioni chirurgiche erano state recuperate per la quasi totalità, quelle diagnostiche e specialistiche, invece, per circa il 30%, e facendo gli «straordinari» (per esempio le Tac alle 22).
Ora gli ospedali si fermano di nuovo. Stop a tutto tranne che all'attività indifferibile negli centri «non Hub», più piccoli e impegnati ad aiutare gli altri prestando personale. Andranno avanti invece, ma abbassando i carichi e i numeri delle prestazioni, gli ospedali «Hub» come Niguarda.
A differenza che a marzo, stavolta l'attività ambulatoriale non è stata interrotta, «almeno per il momento», ma verrà ridotta al 60-65%. Il numero di prestazioni che si accumuleranno per questo nuovo, improvviso stop, dipenderà ovviamente dalla durata della sospensione, ma si parla di centinaia di migliaia di prestazioni ogni mese.
Fra l'altro si è appena aperta anche la partita, impegnativa, della campagna vaccinale anti-influenzale, che dovrà interessare molte più persone di quelle che normalmente erano coinvolte nell'era «pre-Covid» (si dovrà passare da meno del 50% al 65%). Si formerà quindi un carico di lavoro enorme. Da smaltire nel giorno dell'auspicato ritorno alla normale attività.
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