Cronache

"Ostia ai divorziati se pentiti E i gay non sono famiglia"

Il cardinale Kasper parla a chiusura del Sinodo, dove ha prevalso la sua linea progressista: «Faremo di tutto per salvare le coppie»

"Ostia ai divorziati se pentiti E i gay non sono famiglia"

«Sono molto soddisfatto e contento per il lavoro svolto dal Sinodo. La Relazione finale (approvata con la maggioranza dei due terzi, ndr ) è un buon testo. Ora la decisione spetta al Papa. Mi auguro che rediga un documento che sottolinei la gioia del matrimonio cristiano». Il cardinale Walter Kasper, capofila della fronda definita progressista, traccia un bilancio del Sinodo sulla famiglia appena concluso. In questa intervista al Giornale racconta l'atmosfera dei lavori sinodali e il significato di un'apertura in tema di ammissione alla comunione per i divorziati risposati, da lui fortemente sostenuta.

Eminenza, al Sinodo è prevalsa la sua linea, ovvero la possibilità di ammettere alla comunione i divorziati risposati, valutando «caso per caso». Come valuta la discussione dei padri sinodali su questo tema?

«Sono soddisfatto, si è aperta la porta alla possibilità di concedere la comunione ai divorziati risposati. C'è una certa apertura sì, ma ancora non si parla delle conseguenze. E tutto ora è nelle mani del Papa che deciderà cosa fare. Il Sinodo ha dato dei suggerimenti. C'è stata una apertura, ma la questione non è ancora risolta del tutto e va ulteriormente approfondita».

Quando si dice che spetta al presbitero decidere caso per caso cosa si intende?

«Ci devono essere alcune condizioni per l'ammissione al sacramento dell'Eucaristia. Intanto valutare che sia stato fatto tutto il possibile per salvare il primo matrimonio; poi che ci sia un percorso di pentimento della coppia. E poi occorre un percorso di riflessione e accompagnamento perché il divorzio è un disastro e lascia alle spalle esperienze traumatiche. Ci vuole tempo per superare le ferite di una separazione».

Ma una simile apertura non rischia di avallare il divorzio?

«No, non si aprono affatto le porte al divorzio. I parroci devono fare tutto il possibile per riconciliare la coppia. Il divorzio non è mai una cosa piacevole ed è un momento triste soprattutto per i figli della coppia che si separa».

Ci sono stati molti elementi di «disturbo»: il coming out di monsignor Charamsa che ha dichiarato di essere gay, la lettera dei 13 cardinali che hanno contestato i metodi di lavoro al Sinodo, la notizia diffusa dal Qn secondo cui il Papa avrebbe un tumore benigno al cervello. Tutto questo ha destabilizzato i lavori dell'assise?

«Il Sinodo non si è fatto manipolare. Siamo andati avanti nei nostri lavori e secondo l'agenda fissata, senza farci influenzare né manipolare da fattori esterni».

Dal Sinodo invece è arrivato un no alle unioni omosessuali...

«Il tema del Sinodo era la famiglia e i gay non sono famiglia. Non ci siamo soffermati sul tema delle unioni omosessuali ma solamente sulla presenza di persone con tendenze omosessuali all'interno di una famiglia. La Chiesa deve aiutare a vivere queste situazioni, deve aiutare a non fare discriminazioni».

Cosa si aspetta ora dal Papa?

«Mi auguro che il Santo Padre rediga un testo convincente che sottolinei la gioia del matrimonio cristiano, questa è la cosa più importante. Non è in questione l'indissolubilità del matrimonio, ma non c'è contrapposizione tra misericordia e Verità del Vangelo».

Quando dobbiamo attenderci la decisione di Francesco?

«Ci vuole tempo, non è un documento che si fa da un giorno all'altro. La relazione finale del Sinodo è una base per il Papa. Mi auguro che il testo del Pontefice arrivi durante l'anno della misericordia.

Sarebbe un bel segno».

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