A Ostia stravince il non voto E spunta il rischio inchiesta

L'«effetto Spada» allontana gli elettori: alle 19 affluenza sotto il 27%. Bindi annuncia: «Indagine sul primo turno»

Meglio stare a casa. Ostia non si fida, Ostia non vota, Ostia sente il peso del suo degrado. L'affluenza al ballottaggio poco prima di cena è il 26,38%, poco meno di 49mila elettori, due punti percentuali in meno rispetto al primo turno. È l'effetto «Spada»? Mentre prosegue il testa a testa fra la candidata M5s Giuliana Di Pillo e quella del centrodestra, Monica Picca, si ipotizza un'inchiesta sui voti ottenuti con la complicità dei malavitosi. «Il denaro e i voti della mafia puzzano - dice Rosy Bindi, presidente della commissione antimafia -. E per Ostia non escludo che possano essere avviate inchieste per voto di scambio almeno per quanto riguarda il primo turno. Quel naso rotto è la risposta mafiosa a una domanda sui comportamenti mafiosi. Ostia non è stata ancora liberata».

All'uscita di uno dei 183 seggi aperti fino a tarda sera, quello del plesso scolastico Amendola-Guttuso, a Nuova Ostia, sono in molti a pensare che la triste vicenda dell'aggressione al giornalista Rai Daniele Piervincenzi abbia influenzato emotivamente gli abitanti del quartiere. «Per molti un candidato o l'altro non fa differenza - racconta Emanuele, 25 anni, disoccupato -, qui a Ostia Ponente la situazione resta la stessa. Se vuoi un alloggio popolare devi pagare e sottostare al racket, se ti servono soldi per campare e arrivare a fine mese chiedi un prestito a usura. Chi non accetta queste regole devo solo andarsene da qui. E pure in fretta altrimenti sono guai seri. Il Comune è inesistente molti o non vanno più a votare o danno il voto a chi effettivamente li aiuta materialmente».

Una chiesa e un teatro di frontiera, un sezione del Pd per anni abusiva (non pagavano l'affitto all'Ater, proprietaria dell'immobile di via Antonio Forni). Come la palestra di Roberto Spada, chiusa d'imperio una prima volta dal commissario straordinario giunto sul litorale dopo lo scioglimento del parlamentino per mafia e riaperta in un locale privato ma senza le necessarie autorizzazioni. Parlano drammaticamente i dati dello sportello antiusura, aperto dal viceparroco Don Antonio De Donno, anche lui sceso in campo per il rinnovo dell'amministrazione: appena 5 denunce in 15 anni di attività. Una zona dove l'illegalità è di casa e vige solo la legge del più forte. «Perché dovremmo votare?».

In un bar di piazza Gasparri l'aria è pesante ma c'è ancora qualcuno che ha voglia di parlare con i giornalisti. «Dicono che questo è un quartiere di delinquenti - racconta Fabrizio, meccanico -, non è così. Qui c'è un sacco di gente che sgobba da mattina a sera per sbarcare il lunario e nessuno ci aiuta. Ecco perché a votare non ci andiamo. Con la costruzione del porto, nel 2000, ci avevano promesso centinaia di posti di lavoro e la riqualificazione del quartiere. Invece niente, adesso è peggio di prima».

Seggi guardati a vista da agenti in divisa e non, militari, carabinieri e finanzieri. Uno spiegamento di forze a garantire lo svolgimento delle elezioni senza problemi. Alcuni numeri: dei 185.661 cittadini aventi diritto al voto 96.179 sono donne e 88.862 uomini. Al primo turno ha votato il 36,1 per cento degli aventi diritto.

Di Pillo, che ha ottenuto il 30,21 per cento delle preferenze, ha votato intorno alla 10 all'Istituto Paolo Toscanelli di via delle Rande mentre la Picca, sostenuta da Fdi, Lega e Forza Italia e che ha raggiunto il 26,68 per cento dei consensi, ha votato un'ora dopo ad Acilia. I grillini sono convinti della vittoria, molti elettori di sinistra - dicono - stanno votando per loro. Ma è una corsa che si gioca comunque sul filo di lana.

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