
Pietro Piciocchi, 47 anni, avvocato, vicesindaco, ora sindaco reggente sostenuto dalla maggioranza di centrodestra: il 26 maggio, o - al peggio - il 9 giugno, lei sarà sindaco di Genova?
«Questa è l'ambizione. Sono ottimista perché vedo un entusiasmo crescente attorno alla corsa che sto facendo. Credo che a Genova la maggior parte delle persone vogliano proseguire la crescita che la città ha iniziato con il centrodestra dal 2017».
Scusi se mi impiccio della sua vita privata. È vero che lei ha sei figli più due in affido e da poche settimane è anche nonno a soli 47 anni?
«Si: otto figli. Tutti uguali. Tre maschi, tre femmine, dagli 11 ai 23 anni, e poi due gemelline in affido che hanno 11 anni. Una famiglia con una vita molto movimentata e con la presenza dei giovani che mi offrono stimoli continui».
Educare otto bambini è un impegno personale ed anche economico molto notevole.
«Certo. Una grande responsabilità. Avere una famiglia numerosa era un desiderio che avevamo mia moglie ed io. Abbiamo iniziato con molto coraggio».
Che lavoro faceva quando si è sposato?
«Quando ci siamo sposati io non guadagnavo, ero appena laureato. I soldi li portava a casa mia moglie: 700 euro al mese».
E poi?
«Mi sono rimboccato le maniche. Ho iniziato a lavorare nello studio di Victor Uckmar: fiscalista numero 1 in Italia».
È stato anche professore universitario.
«Ho insegnato diritto pubblico alla Bocconi per 14 anni. L'esperienza che più mi ha segnato. Mi ha permesso di capire il mondo giovanil».
Perché ha interrotto?
«Per gli impegni del Comune»
È più difficile governare una famiglia di dieci persone o un Comune di mezzo milione?
«Guardi che le dinamiche non sono poi così diverse. Certo in casa c'è mia moglie. Posso dire una cosa inusuale?».
Dica.
«Non potrei immaginare la mia vita senza mia moglie. È il pilastro su cui si regge tutto».
Che idee ha per Genova?
«Sono assessore dal 2018. Abbiamo preso in mano allora una città che era in una situazione disperata, con una sinistra che parlava di decrescita felice. In questi anni, nonostante le emergenze - ponte Morandi, pandemia - la città è cresciuta. Sono aumentati i posti di lavoro, un enorme aumento dei flussi turistici, cresciuta l'Università, la reputazione nazionale e internazionale di Genova. Dobbiamo continuare questo percorso. È assurdo fermarsi».
Sarà difficile battere la sinistra?
«La sinistra a me sembra indecisa, divisa, incapace di confrontarsi sui temi. Le idee non ci sono. Solo slogan. Il programma consiste in una ventina di fotografie giganti della mia avversaria. La sinistra ha fatto un accrocco elettorale nel quale c'è tutto e il suo contrario. La loro strategia è quella di evitare di entrare sui temi concreti per evitare di fare esplodere le loro contraddizioni».
È vero che la candidata sindaca del «campo largo», Silvia Salis, aveva prima pensato di farsi candidare dal centrodestra?
«Ho sentito questa voce. Io non ho mai capito il suo pensiero politico. Calenda dice che lei è una liberale totale, lei invece ci tiene a dire di essere figlia di un operaio comunista. Salis è paladina dell'istruzione pubblica e laureata alla Link, che è una università privata. Combatte contro il gioco d'azzardo ed era nella fondazione Lottomatica. Massimo rispetto, per carità, ma un po' di coerenza...»
È importante la preparazione per un sindaco?
«La politica ha una dignità. Qui si tratta di guidare uno dei più complessi comuni italiani. Non si può improvvisare. Io otto anni fa non sarei stato in grado di fare il sindaco».
È vero che la sua canzone preferita è «Il testamento di Tito» di De Andrè?
«Si».
È una canzone che esalta l'adulterio, che difende i ladri, che demolisce la famiglia. Lei è cattolico?
«È una delle canzoni che mi piacciono di più perché è una provocazione. Io ho avuto la fortuna di avere la fede. Ma la fede alla fine non è un sistema morale: è l'adesione a una persona: Gesù. Mi piace quella canzone perché contrasta un modo imborghesito di vedere la fede. È uno stimolo a vivere la fede in un altro modo».
Genova 2026 ospiterà il raduno degli alpini. Contento o preoccupato?
«È una iniziativa che ha fortemente voluto l'amministrazione di centrodestra. Sono felice».
Cosa pensa della polemica sul canto di «Faccetta nera» al raduno degli alpini di Biella?
«Non accetto lezioni di antifascismo della sinistra. Mia nonna insegnava alle elementari in Emilia, e le fu proibito di insegnare perché non giurò fedeltà al fascismo. Mi ha fatto molto dispiacere quando sono salito sul palco il 25 aprile e sono stato fischiato, e mi è dispiaciuto che la Salis non abbia preso le distanze».
Sì, ma «Faccetta nera»?
«Sono rigurgiti di alcuni dementi che lasciano il tempo che trovano».
Cosa farà nei primi cento giorni da sindaco di Genova?
«Renderò definitiva la gratuità del trasporto pubblico».
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