C i sono voluti due jet fighter F15 (probabilmente e «secondo fonti straniere», Israele tace) e i loro otto missili sparati all'alba perché, almeno per una parte, il macellaio Assad ricevesse una sventola dopo le sue stragi di bambini. All'inizio tutti hanno parlato di reazione americana, dato che Trump aveva fatto la voce grossa; poi si è suggerito che fosse stata la Francia. Ma mentre Onu e Ue si riempivano di esclamazioni di orrore e gli schermi tv delle immagini di quei bambini piccolissimi in preda alle sofferenze del gas che in molti casi li ha portati alla morte, diventava chiaro che né la Francia né gli Usa avevano agito. E c'è da credere alla smentita di Trump: avrebbe avuto tutto l'interesse a contraddire la sua inutile dichiarazione sulla decisione di lasciare la Siria, che poi si è rimangiata. Invece il gesto valoroso l'ha compiuto Israele, da solo, per necessità e per scelta.
Non è certo stato solo perché il rabbino capo Ytzhak Yossef aveva detto domenica dopo le stragi: «È un genocidio di donne e bambini. Gli ebrei hanno fatto esperienza del genocidio subito. Abbiamo l'obbligo morale di non restare in silenzio e di provare a fermare il massacro». Questa sensazione è importante per un popolo che ha sofferto l'inverosimile strage degli innocenti della Shoah e il cui giorno della memoria si celebra giovedì prossimo. Ma è l'intera situazione geopolitica dell'area che viola tutte le linee rosse morali e strategiche che lo Stato ebraico si può permettere e mette a rischio la sua sicurezza.
Israele ha già colpito più volte la Siria dal 2007, quando distrusse il reattore atomico in costruzione. L'aeroporto T4 è quello già colpito due mesi fa quando un drone iraniano molto sofisticato ha violato il suo spazio aereo. Poteva contenere una macchina fotografica, una bomba, del gas nervino. Di certo c'erano oltre ai siriani cinque iraniani, uccisi nel raid. L'Iran vi esercita il suo potere su intensivi traffici bellici. L'aeroporto è diventato il maggiore punto di passaggio: le armi in buona parte sono dirette nelle mani dei Hezbollah che minacciano Israele dal LIbano, ma anche da nuove basi sul Golan siriano. Gli iraniani sono protetti dalla Russia e sicuri quindi di godere di uno scudo invincibile: la Siria è una base indispensabile per minacciare Israele e garantire la propria espansione in tutto il Medio Oriente, prima di tutto in Irak e in Yemen.
Le stragi di Assad fanno poco effetto ai russi, Putin ha fatto della Siria la base della sua supremazia in Medio Oriente, un chiaro segnale di vittoria sugli Stati Uniti, falliti da quando Obama dopo la sua solenne «linea rossa» sulle armi chimiche, voltò le spalle fuggendo.
Stavolta la situazione è diversa. Israele rischia grosso: la Russia, che non aveva mai reagito, stavolta lo ha fatto, e Lavrov, il ministro degli Esteri, ha classificato il gesto come «un'azione pericolosa». Attenzione, dice Mosca, il nostro delicato rapporto per cui Netanyahu ha libero accesso a Putin può saltare: volete confrontarvi con noi? Non violate le regole del gioco. Gli aerei russi potrebbero rispondere al fuoco. La Russia vuole rispetto per la sua scelta su Ankara, ha fatto di iraniani e turchi il proprio asse mediorientale.
Una scelta sovietica che oggi è sfidata non dagli Usa quanto da Mohammad bin Salman, il saudita che osa dire che «Khamenei è l'Hitler dei nostri tempi» e che ogni attacco
terrorista alla fine porta la firma della Fratellanza Musulmana. Curioso, ma oggi Israele ha come alleati i musulmani sunniti di Egitto, Giordania, Golfo... Trump forse ripensa al suo annunciato ritiro dal campo. L'aria si scalda.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.