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Paco Rabanne, l'architetto della moda

Lo stilista fu il primo a usare metalli e plastica. E a portare la musica sulle passerelle

Paco Rabanne, l'architetto della moda

Chi precorre i tempi è costretto ad attenderli in posti piuttosto scomodi. Lui ne è stato raggiunto in fretta, la storia gli ha dato ragione quasi subito. Non era difficile, d'altronde, l'atto di fede nei confronti di un genio d'avanguardia. Di uno stilista versato nel futuro che il futuro lo ha allargato, spinto avanti, riempito di possibilità illimitate. Ha vestito Audrey Hepburn di plastica e Jane Fonda di metallo, per primo ha fatto camminare le modelle in compagnia della musica: in occasione dell'esordio della sua linea di moda, nel 1966, all'hotel George V di Parigi. Prima di allora, Paco Rabanne, nato Francisco Rabaneda Cuervo il 19 febbraio 1934 a Pasaia nei Paesi Baschi in Spagna, e morto ieri all'età di 88 anni in Francia, aveva studiato architettura. Dopo l'Ecole Nationale des Beaux-Arts di Parigi lavorò per Givenchy, Pierre Cardin, Dior, Balenciaga, Courrèges, Yves Saint Laurent per i quali, tra le altre cose, creò accessori, gioielli, cravatte e bottoni.

Per se stesso, modellò armature, cotte medievali, tute da astronauta, bustini aderentissimi, tutine metalliche, corpetti in plexiglas, giubbini argentati, lamè, piume, cristalli. Ha rivoluzionato la moda toccandola, plasmandola, facendosela girare tra le mani come argilla, scolpendola. Usava pinze, tenaglie e martelli quando gli altri sfioravano i tessuti con esili aghi. Il suo assemblare era arte pura e glielo riconobbe persino Salvador Dalì. Tattile, sanguigno, elegantissimo: nel gusto e nell'essere. Per questo riusciva a frequentare i materiali più insoliti, come quando vestì la Fonda in Barbarella di Roger Vadim nel 1968 (e Coco Chanel prese a chiamarlo «il metallurgico della moda»), o Françoise Hardy di lamine dorate nel 1967 e Audrey Hepburn di grandi pailettes iridescenti in Due per la strada, o Brigitte Bardot, o Lady Gaga, nel 2011. Haute couture ma anche prêt-à-porter: la maison incarnata in uomo. E poi i profumi, come quel primo «Pour Homme» creato nel 1973, che fu solo l'inizio, o quell'ironico e femminilissimo «Calandre» (che significa poi «griglia dell'automobile»). Colto, riservato, austero e accoglientissimo. Un futurista nostalgico. Tanto da voler concludere la sua vita dove l'aveva iniziata. Ricordi metallici eppure dolcissimi.

Quando si ritirò dalle scene nel 1999, e Julien Dossena portò avanti il marchio, si trasferì infatti a Portsall, un villaggio costiero affacciato sull'Oceano Atlantico, estrema punta della Bretagna, dove la sua famiglia si era rifugiata a causa della guerra civile spagnola e dove lui crebbe. Suo padre, il generale Rabaneda Postigo, che comandava la guarnigione di Guernica, fu fucilato dai soldati di Franco nel 1936. Sua madre era una militante e membro della direzione del partito comunista spagnolo basco.

Appassionato di esoterismo, estremamente credente, tanto da guadagnarsi il soprannome di «monaco della moda», nel 2010 Paco era stato proclamato Ufficiale della Legione d'Onore dal Ministero della Cultura francese.

Ieri è stato il gruppo spagnolo Puig, proprietario del marchio che porta il suo nome dal 1986, a dare notizia della morte di Rabanne «una grande personalità della moda, la sua visione era audace, rivoluzionaria e provocatoria, trasmessa da un'estetica unica» ha detto di lui l'ad Marc Puig. Un uomo spiritualmente affamato, trafitto da un'estetica densa, unica e personalissima.

Che ha saputo stare al centro quanto allontanarsene.

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