Se ne parlò per Morgan. E ad alcuni sembrò un capriccio. Non so se più suo o più mio. Ma era un segnale di attenzione per l'arte e per la creatività con effetti benefici su una piccola comunità al centro della Tuscia, dove un grande musicista e un uomo intelligente poteva essere un riferimento per molti giovani. Per me, sindaco di Sutri, era la testimonianza di una attenzione per l'arte viva, nella sua fase germinale in un luogo dove una persona geniale potesse creare e stimolare. Ci furono molte reazioni positive e alcune, soprattutto locali, oscurantiste. Mosse da egoismo, in difesa di uno spazio che è rimasto inutilizzato, abbandonato. Senza slanci né benefici. I commenti erano del genere: «Lei non ospita Morgan a casa sua, ma in una dimora storica comunale. Le sue decisioni, come sempre, sono imposizioni e non mi sento assolutamente di condividerle. Morgan può permettersi di prendere una casa in affitto e pagarsela e, se si trova in questa situazione, non è colpa di nessuno, se non di se stesso e della sua dissennatezza. Non voglio, attraverso le mie tasse, contribuire al mantenimento di chi poteva comodamente e tranquillamente mantenersi da solo. Insopportabile». Bigio Riccio, libertario, ma lucido, razionale, scrisse: «Solo Vittorio poteva dare ospitalità a Morgan. Sono simili perché sono folli entrambi, eretici, fuori dal coro di incartapecoriti e bacia pile di potere...». Così, come spesso mi accade, per le mie scelte, condivise peraltro dal Presidente Zingaretti, titolare del bene proposto, il piano superiore di Villa Savorelli nel Parco della Regione, i cittadini si divisero in due fazioni. Questa volta non è Sgarbi, non è una provocazione che avrebbe trovato solo simbolica accoglienza da parte di un bizzarro personaggio, cui era comunque un bel gesto che una comunità manifestasse solidarietà in nome di quell'arte tanto celebrata a parole; ma ho ragione di credere che tutta la città di Sutri, ora, anche per la levatura morale dell'uomo, si vorrà stringere intorno a padre Enzo Bianchi, storico priore della comunità di Bose, centro di spiritualità tra i più alti del nostro tempo. Arrivando a Sutri, padre Enzo sarebbe nel percorso sacro della via Francigena. E potrebbe continuare la sua opera di umanistica evangelizzazione. Qualche giorno fa è stata scritta una delle pagine più oscure della Chiesa cattolica contemporanea.
Inviate da Roma, tre persone, che probabilmente non hanno mai fatto un giorno di Comunità, hanno decretato, senza fornire alcuna ragionevole motivazione, l'allontanamento dalla Comunità monastica di Bose del Fondatore, di chi ne ha scritto la regola, di colui grazie al quale per la prima volta, dopo Paolo VI nel Concilio Vaticano secondo, ha parlato di ecumenismo, di rispetto e dialogo delle fedi, di amore per l'uomo prima ancora che per Dio, di coscienza prima ancora che di legge e di morale dogmatica. Che tutti sappiano la verità: che Enzo, alcuni anni fa, lasciò volontariamente il suo ruolo di Priore con grande umiltà a favore dell'allora suo vice, per poterlo aiutare a crescere nel ruolo quando ancora Enzo fosse nelle forze dell'età per farlo. Un progetto di grande fratellanza e umiltà.
Poco dopo Bose ha intrapreso una percorso molto distante dal progressismo di Enzo, autoreferenziale, conservativo; ed Enzo è diventato scomodo, pericoloso per questo disegno di comodo immobilismo. Chiunque nella sua vita abbia visitato Bose, Magnano, San Gimignano, Assisi Ostuni o Gerusalemme, tutti centri formati grazie all'impegno spirituale di Enzo e dei suoi fratelli, sa come Il Monastero si fondi su di lui, su un uomo che, osteggiato da tutti, cinquant'anni fa trovò a Bose, in un luogo umido, freddo e misero, la forza per fondare la Comunità e la regola. Dare, più o meno implicitamente, dell'eretico a un uomo come Enzo Bianchi è essa stessa un'eresia.
Constatando purtroppo come nelle file dei padri «regolari» si celi ogni peccato di umano orgoglio, in nome di una autorità formale, allora diventa disumano, grottesco e drammatico umiliare padre Enzo. Pensare al tradimento dei membri della Comunità e dell'attuale Priore verso chi ha insegnato loro a amare gli uomini e Dio è intollerabile. Non si può accettare, neanche nel nome della fede. Si legge che il Papa abbia ratificato con rammarico il provvedimento, frutto dell'ispezione di inquietante memoria inquisitoria, ma questo Papa sa bene quanto Enzo abbia creduto in lui, lo abbia sostenuto con obbedienza come capo non della chiesa dei poteri e delle caste, ma degli ultimi e dei perseguitati: e allora dov'è Papa Francesco davanti a questa ingiustizia? Bose non è della Chiesa, Bose, come Enzo la ha voluta in tutta la sua vita, è patrimonio dell'umanità e di Dio, e quella che si è consumata è una ingiustizia che non intaccherà la pace di Enzo, Goffredo, Lino e Chiara, ma di quelli che la hanno compiuta. Per questo ho pensato che la comunità di Sutri sarà onorata, davanti agli uomini e davanti alla storia della vera Chiesa, di dare asilo a Enzo e ai suoi fratelli, uomini «veramente e pienamente» umani. Voglio tenere accesa la speranza che Francesco esamini di persona il caso, risarcisca padre Enzo da questa violenza, scongiuri le oscure logiche di potere, in nome della verità.
Padre Enzo ha scritto: «Il santo è l'uomo nuovo, quello che vive secondo il modello lasciato da Gesù Cristo; è l'uomo delle beatitudini; è l'uomo spogliatosi dal proprio egoismo, che vive per Dio e per gli altri; è l'uomo trasfigurato. È l'uomo veramente e pienamente umano». Sutri lo aspetta, con i suoi fratelli, i nostri fratelli.
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