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"Il padre della Catalogna? Un criminale"

Accusati l'ex leader Jordi Puyol, la moglie e i 7 figli: arricchiti a dismisura con la politica

"Il padre della Catalogna? Un criminale"

Madrid. Quando si dice «sono affari di famiglia». Jordi Pujol con la consorte Marta Ferrusola e i loro sette figli dal 1980 al 2003 sono stati per la Catalogna una corazzata in stile democristiano, avvitata al potere, calamita d'interessi pubblici e privati che si è radicata con prepotenza in tutte le sedi della Generalitat (il governo catalano). Una famiglia i Pujol-Ferrusola giunta, oggi, irrimediabilmente al declino, (non economico) che, dopo una lunga inchiesta giudiziaria, il Tribunale di Barcellona vuole portare al banco degli imputati per smascherare il potente e lucroso «sistema Pujol».

Per tre decenni, Jordi Pujol i Soley, classe 1930, sotto i colori, prima di Convergència Democràtica de Catalunya (CDC) e poi con Convergència i Unió, è stato il granitico e inattaccabile presidente della Catalogna. Ha governato come un sovrano seicentesco su trenta fondamentali anni, approfittando del boom economico della Catalogna, quando a Barcellona piovevano in abbondanza da Bruxelles finanziamenti e prestiti a fondo perso dell'Ue.

Pujol ha rifatto il volto della Comunità più ricca di Spagna, favorendo il suo passaggio dagli anni Settanta, povera e sfasciata dal tallone della dittatura franchista, agli anni Novanta trasformata in potenza industriale e competitiva. Un periodo tutto da bere, con tanti, troppi soldi che circolavano per le mani di Pujol e amici, lui il padrone della Catalogna e di Barcellona che si vantava dei Giochi Olimpici del 1992 (molto lubrificati dal denaro). Pujol, soprattutto, aveva imposto il «sistema Pujol», ovvero, una gabella che segretamente prendeva e convogliava come prassi, indiscussa e segreta, nelle tasche della sua famiglia una percentuale sul totale di ogni lavoro o pubblico affare in Catalogna. «La gabella del sovrano» come si diceva nei lunghi corridoi medioevali del palazzo della Generalitat, senza purtroppo avere le prove, fino a una dichiarazione nel 2014 dello stesso Pujol, quando, incalzato dai giudici per riciclaggio, ammetteva di aver occultato in una banca estera «qualche milione di euro».

Ci sono voluto anni per sciogliere il nodo del sistema di famiglia grazie al lungo lavoro del giudice José de la Mata che, ieri, a Barcellona ha chiesto il rinvio a processo di tutti i nove membri della potente famiglia catalana. L'accusa era di aver «approfittato della loro posizione privilegiata nella politica e società catalana per arricchirsi di un patrimonio ingente grazie a un sistema clientelare».

Il giudice ha impiegato quasi otto anni per istruire il processo, sondando molti lati oscuri della politica catalana e intravedendo i reati di organizzazione criminale, riciclaggio di denaro, truffe al Tesoro e falsificazione di documenti. Tutto contenuto in un faldone di 509 pagine. Con i Pujol-Ferrusola, sono imputati altri diciotto loro collaboratori, tra cui l'ex moglie Mercé Gironés e gli uomini d'affari Luis Delso Heras, Carlos Sumarroca Coixet e Carlos Sumarroca Claverol. Secondo il magistrato più della metà dell'attuale patrimonio di Pujol e della consorte Marta, detta nel giro di tangenti «la madre superiora della congregazione», ha una provenienza sconosciuta. Si parla di oltre un miliardo di euro, accumulato in trent'anni di mazzette e distribuiti in conti offshore e Svizzera.

Sembra proprio che la dinastia Pujo-Ferrusula sia al capolinea.

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