Politica estera

Un Paese diviso incapace di dialogare

C'era una volta l'America. L'America divisa sul Vietnam, sull'aborto e sulle armi, ma sempre pronta ad abbracciarsi davanti alla propria bandiera, ai propri morti e ai propri principi democratici

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C'era una volta l'America. L'America divisa sul Vietnam, sull'aborto e sulle armi, ma sempre pronta ad abbracciarsi davanti alla propria bandiera, ai propri morti e ai propri principi democratici. Oggi di lei resta ben poco. Al suo posto c'è un Paese dalla doppia identità guidato da due nemici tanto ostinati quanto anziani. Da una parte l'America dei piccoli stati, delle grandi praterie e delle insuperabili montagne. L'America così profonda, e così tenacemente fedele al 77enne Donald Trump da respingere come un complotto anche l'eventuale terza incriminazione dell'ex-presidente sancita da un tribunale di Washington. Sul versante opposto milita, invece l'America progressista e politicamente corretta delle grandi metropoli pronta a contrastare il proprio inaccettabile «doppio» con l'arma dei giudici e dei grandi media. L'America convinta che Joe Biden, nonostante le 81 primavere e l'inevitabile decadimento fisico resti l'unico portabandiera di uno schieramento «dem» in cui «cancel culture», teorie del «gender» e difesa ad oltranza dei diritti Lgbt fanno coppia con la discesa in campo per l'Ucraina e il sostegno a produttori di armi e grande industria. Due Americhe mai così diverse. E mai così incapaci di avvicinarsi e confrontarsi. I sondaggi parlano chiaro. Nonostante le incriminazioni Trump conta sul 52,4 delle preferenze contro il 15,4 di Ron de Santis suo principale rivale nello schieramento Repubblicano. Non a caso tutti trascurano l'ormai scontato risultato delle primarie per concentrarsi su quello del novembre 2024 quando, fanno capire i recenti rilevamenti New York Times/Siena College, torneremo ad assistere ad un testa a testa fra due candidati al 43 per cento. Un divario esiguo, ma assai vicino a quello del 2020. E questo nonostante le incriminazioni per reati contro la Costituzione incassate da The Donald. Ma quel divario - vista la dimensione profondamente identitaria assunta dai due schieramenti - appare immutabile e cancella l'idea - un tempo assai americana - di un voto capace di migrare tra i due grandi partiti in base alle performance di candidati e presidenti. In questa nuova America il merito, almeno quello dei candidati Presidenti, non sembra contare più. E nemmeno il rapporto con la giustizia. Per capirlo basta la leggerezza con cui l'elettorato del Gop liquida come montature le accuse a Trump.

E, dall'altra parte, la faziosità con cui i grandi media dem e il loro pubblico ignorano i sospetti su Hunter Biden, il secondogenito presidenziale dimostratosi insospettabilmente abile nell'inanellare lucrosi affari tra Cina ed Ucraina nonostante una prolungata e conclamata dipendenza da alcool e droghe.

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