
Sono venti. E ciascuno di loro ha 738 tacche sull'anima, una per ogni giorno di prigionia in un covo, in una grotta, in un qualche bunker sotto la minaccia delle mitragliatrici dei miliziani di Hamas. Sono quelli che oggi potrebbero rivedere il cielo e i loro cari, se la milizia palestinese manterrà l'impegno a liberarli, in cambio di quasi 2mila detenuti palestinesi, le cui famiglie sono state ieri caldamente invitate dall'Idf a non festeggiare una liberazione secondo loro senza gloria.
Chi festeggerà sarà certamente Israele, per cui potrebbe iniziare un processo di pacificazione nazionale, come spera il premier Benjamin Netanyahu, che ieri ha detto: "So che ci sono molte divisioni tra di noi. Ma in questo giorno, e spero anche nel periodo che ci attende, abbiamo tutte le ragioni per metterle da parte. Perché con forze comuni abbiamo ottenuto vittorie enormi che hanno stupito il mondo intero".
I venti ostaggi israeliani appartengono a tre gruppi. Ci sono che quel 7 ottobre furono prelevati nel kibbutz Kfar Aza, vicino alla Striscia: sono i gemelli ventottenni Gali e Ziv Berman, che il 7 ottobre 2023 furono strappati alle loro case per essere imprigionati separatamente; fratelli anche David e Ariel Cunio, 35 e 28 anni, il primo rapito con la moglie Sharon e i loro gemelli di 3 anni, tutti poi liberati nel novembre del 2023 tranne lui; il secondo prelevato con la sua ragazza, Arbel Yehoud, lei rilasciata nel gennaio scorso; Eitan Horn (39), che si trovava nel kibbutz in visita al fratello Ian, rapito anche lui ma rilasciato a gennaio; Matan Zangauker (25), sequestrato con la fidanzata poi rilasciata, figlio della donna diventata simbolo della lotta delle famiglie degli ostaggi contro Netanyahu, accusato di sacrificare il destino dei loro cari in nome della "sua" guerra; infine Omri Miran, che con 48 anni è il più anziano dei rapiti, preso sotto gli occhi delle figlie, che oggi lo aspettano cresciute di due anni duri.
Il drappello più folto di rapiti è quello che fu sorpreso durante il festival di musica Nova vicino al kibbutz di Re'im. Sono Guy Gilboa Dalal e l'amico del cuore Evyatar David, entrambi 24enni, apparsi in un video diffuso da Hamas mentre assistevano al rilascio di altri ostaggi implorando il loro governo di darsi da fare per liberare anche loro. Di David era stato mostrato un altro video in cui, profondamente debilitato, si scavava la fossa all'interno di un tunnel; Avinatan Or (32), rapito al raduno musicale con la findanzata Noa Argamani, poi liberata dall'Idf, Bar Kuperstein (23), che al festival lavorava come addetto alla sicurezza, così come Eitan Mor (25) e Rom Braslavski (21), quest'ultimo con doppia cittadinanza israeliana e tedesca, entrambi capaci di aiutare molti giovani a salvarsi prima di essere rapiti. Sempre al rave si trovavano Alon Ohel, 24 anni, doppia nazionalità israeliana e tedesca, pianista, catturato mentre fuggiva dal raduno musicale con una ferita a un occhio, che potrebbe averlo reso parzialmente cieco; Elkana Bohbot, 36 anni, padre di un bambino; Yosef Haim Ohana, 25 anni, che in un video diffuso da Hamas lo scorso maggio aveva detto che "un intero Paese vuole che questo incubo finisca" e aveva anche raccontato che Bohbot era apatico e dedito ad atti di autolesionismo; Maxim Herkin, 37 anni, di origini ucraine e con una figlia piccola, e che in un video aveva detto che lui e tutti gli ostaggi non si sentivano più esseri umani; e Segev Kalfon, 27 anni, catturato dai miliziani mentre cercava di fuggire dal rave.
Tra i rapiti ci sono anche due militari: Nimrod Cohen, 21 anni, soldato di leva che il 7 ottobre era di guardia vicino al confine con la Striscia, e Matan Angrest, 22 anni, che si trovava su un carro armato in fiamme e nel corso della prigionia è stato torturato e incatenato.
Molto diverse le storie dei tantissimi palestinesi che oggi potrebbero lasciare le carceri israeliane: 250 ergastolani condannati per attentati e omicidi e 1.722 delle circa 6mila persone arrestate dall'Idf quel 7 ottobre, solo un quarto delle quali identificate come combattenti o affiliati a organizzazioni terroristiche. Gli altri sono operatori sanitari, insegnanti, dipendenti pubblici, operatori dei media, scrittori, malati, disabili e 22 minorenni, tra i quali alcuni bambini.
Un popolo senza colpe e quasi senza nome, di cui in questi due anni si è parlato pochissimo e di cui non si sa quasi nulla. Tranne che anche per loro sarà difficile dimenticare questi due anni. E che oggi, forse, un sorriso attraverserà il loro viso.