Coronavirus

"Il Paese è spaccato, ma bisogna stringere". Così Conte cede ai rigoristi

Il premier alla fine si piega alla linea dura dell'ala intransigente. Ma la spaccatura nel governo, lo scontro con le Regioni e le rivolte dei cittadini potrebbero rendere il Dpcm meno severo

"Il Paese è spaccato, ma bisogna stringere". Così Conte cede ai rigoristi

L'aumento esponenziale dei contagi ha spinto il governo a partorire l'ennesimo Dpcm, che dovrebbe essere firmato e annunciato nella giornata di oggi. La bozza circolata ha immediatamente provocato durissime reazioni sia del mondo della politica sia dei rappresentati delle categorie che rischiano di essere duramente colpite dal pugno previsto. Giuseppe Conte lo aveva messo in conto: si aspettava da un giorno all'altro le rivolte dei cittadini in strada e le proteste dei commercianti. Così come erano facilmente preventivabili le spaccature all'interno della maggioranza e lo scontro con le Regioni. Una serie di inciampi che hanno rallentato la tabella di marcia e che dunque hanno fatto slittare la sua conferenza stampa, inizialmente prevista per ieri sera alle 20:30.

Il premier sa benissimo che il nostro Paese è "spaccato a metà", ma è convinto che chi ha la responsabilità di assumere decisioni cruciali "non può lasciarsi influenzare". La rabbia degli italiani si fa sempre più preoccupante, così come dimostrano i recenti fatti di Napoli. Tuttavia va ripetendo che misure drastiche vanno prese subito perché il Coronavirus corre più veloce dei suoi decreti: "Dobbiamo stringere ancora, con questi dati rischiamo di non reggere. Le prossime settimane si preannunciano molto complesse, non possiamo abbassare la guardia". Giorni in cui non si potrà assolutamente sbagliare: andranno tutelati salute, scuola, lavoro e il Natale.

Le divisioni con Conte

Un netto cambio di posizione da parte del presidente del Consiglio, che fino a pochi giorni fa sosteneva una tesi che aveva fatto irritare l'ala più intransigente dell'esecutivo: aspettare 7-10 giorni, per valutare gli effetti delle norme già in vigore, prima di prevedere un'altra stretta. Ma i dati degli ultimi bollettini lo hanno spinto a sposare la linea rigorista. La stesura di questo imminente Dpcm è stata probabilmente la più travagliata: l'avvocato ha dovuto fare i conti non solo con le crepe tra i giallorossi, ma anche con lo scontro che si è venuto a creare con i governatori locali. Da una parte il Partito democratico spinge per misure più severe; dall'altra Italia Viva vorrebbe ammorbidire le scelte ipotizzate. In mezzo il Movimento 5 Stelle, che ha espresso più di qualche perplessità sull'eventuale divieto di spostamento tra le Regioni.

Intanto le Regioni hanno indirizzato una lettera a Conte e ai ministri Franceschini e Speranza, attraverso cui chiedono di ripensare ad alcune misure ritenute eccessive e di valutare le serrate in base ai dati epidemiologici di riferimento. Il titolare della Salute continua a ritenere necessario intervenire duramente ora: "Oggi siamo ancora in tempo per governare la curva dei contagi". Ma non vuole sentire nominare la parola coprifuoco perché "è associata alla guerra e trasmette ansia". Il mantra del premier, riporta il Corriere della Sera, è sempre lo stesso: "Se non proteggeremo la salute dei cittadini non potremo proteggere nemmeno la salute dell’economia".

Il suo intento è pertanto quello di "tenere duro ancora a ottobre e a novembre, per non arrivare a Natale con la curva dell’epidemia fuori controllo".

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